Non c’A? ancora un punto fermo, si ha l’impressione che si viva alla giornata, avevamo ragione quando chiedevamo, all’epoca delle trattative per l’acquisto, un piano analitico delle spese necessarie per fare andare a regime la collezione di abiti d’epoca.
Spinta dalle pressioni di diversi consiglieri comunali, l’assessore del tempo, la Campo, e la giunta, furono sommersi da sollecitazioni per acquistare subito la collezione, si immortalA? la firma fra il cessionario e il Comune come una delle conquiste della sindacatura.
Come avevamo immaginato, era solo l’inizio di un esborso di soldi non ancora finito, per ora compensato dagli introiti delle visite al Castello e alle mostre, ma già ci sono indiscrezioni, provenienti dagli uffici del Castello, che i visitatori sarebbero in calo.
Un Comune non può procedere ad un simile investimento senza sapere dove si andrA? a parare, una città non può tollerare un simile esborso di denaro senza poter sapere, da oltre due anni, quanti sono effettivamente i vestiti, in che stato sono e quanto serve per allestire definitivamente il Museo.
Senza dire che il silenzio assordante inizia a instillare dubbi su quanti siano gli abiti effettivamente appartenuti agli Arezzo di Ragusa e, segnatamente, a quelli della famiglia che abitarono il Castello dove si volle far tornare la collezione come alla casa di origine.
Non sappiamo quanti sono, non sappiamo in che stato sono, non abbiamo visto una carta che certifica appartenenze e provenienze degli abiti e degli accessori.
Bisogna ammettere anche che oltre due anni per allestire il Museo sembrano troppi, quando siamo quasi alla fine della sindacatura siamo ancora alle prese con l’impianto di condizionamento e deumidificazione dell’aria per una spesa ulteriore di oltre 110.000 euro.
Collezione, prime necessarie manutenzioni, materiale espositivo, armadi per la conservazione, allestimento della sede museale, museologo e collaboratori, necessari e indispensabili perché forse sono i medici e gli infermieri che tengono in vita moribondi altrimenti destinati a polverizzarsi, sia pure nell’atmosfera nobile del Castello, tutto ha dei costi che sarebbe bene quantificare.
In questi due anni si è tollerato l’assordante silenzio sulla collezione, accompagnato dal mistero sulla effettiva consistenza della stessa, perché davanti c’era Federico Piccitto, una persona per bene, prima che sindaco a 5 Stelle, ma il mondo grillino non dovrebbe continuare a permettere che non ci sia trasparenza sulla questione.
Abbiamo saputo, sempre da ambienti interni al Castello che, addirittura, consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle sono andati a ispezionare i locali della futura sede museale, ma nulla si è saputo all’esterno, in puro stile 5 Stelle, né della visita nA?, soprattutto, dell’esito.
Rovistando fra gli atti ufficiali, naturalmente sul sito istituzionale del Comune, troviamo l’ennesima chicca:
Determinazione del Servizio Cultura e Manifestazioni, Gestione dei Beni Culturali, Biblioteca e Archivio Storico nA? 261 del 07/12/2017 avente per oggetto: DETERMINAZIONE A CONTRARRE E AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI MANUTENZIONE E RESTAURO D’ ABITI D’EPOCA FACENTI PARTE DELLA COLLEZIONE GABRIELE AREZZO DI TRIFILETTI. SPONSORIZZAZIONE BANCA AGRICOLA POPOLARE DI RAGUSA.
Si tratta di procedere alla manutenzione, evidentemente necessaria, di alcuni abiti appartenenti alla collezione da allocare nel MUDECO: pulitura ( microaspirazione) vaporizzazione, messa in forma e per alcuni abiti consolidamento ad ago e riposizionamento dei filati metallici per 33 abiti.
Dalla determina si apprende che, in precedenza, sono stati utilizzati i servizi di due restauratrici, nel 2015 la dr.ssa Tiziana Iozzia e nel 2016 la dr.ssa Lucia Nucci, questa volta ci si affida ad una restauratrice palermitana, di Terrasini, che già nel 2010, quando la collezione era ancora del vecchio proprietario, fu chiamata ad intervenire su alcuni pezzi della collezione.
Gli interventi di manutenzione di pulizia e di restauro da eseguire per N. 33 abiti comportano un corrispettivo di ‘ 9.150,00 IVA inclusa, ma si apprende ancora che sarè il locale Istituto di Credito a contribuire per euro 7.500, come forma di sponsorizzazione in relazione alla Convenzione del servizio di Tesoreria, nell’ambito degli obblighi che l’istituto di credito ha assunto con la convenzione.
Qualcuno può eccepire che il Comune sostiene un costo minimo, ma si può anche rilevare che i proventi degli obblighi assunti dall’Istituto di Credito con la convenzione del Servizio di Tesoreria Comunale potevano essere utilizzati più proficuamente, invece di andare a mettere pezze per un acquisto che, forse, non si è rivelato del tutto privo di incontestabili riserve.
Quanto abbiamo speso, in tutto, per queste manutenzioni e per questi restauri? Gli abiti furono controllati al momento della consegna o ci si preoccupA? solo di farsi immortalare al momento della firma?
Ancora oggi, sappiamo quanto costerA?, in tutto, l’operazione targata Arezzo di Trifiletti ?
PuA? dirci il Museologo, con le sue competenze, quanto ci costerè questa collezione? Quanto ci costerè il Museo?
Sono passati oltre tre anni dall’acquisto, si e no abbiamo visto una cinquantina di abiti, corredi, calze e mutandoni, poco rispetto ai 2.789 pezzi della collezione che i promotori dell’acquisto spacciavano composta prima da 4.000 pezzi, poi da 3.000.
Si disse, al tempo, che Palazzo Pitti fosse stato interessato ad acquisire la collezione, ma non sono stati mostrati atti ufficiali dei rapporti intrattenuti, che, senza dubbio, arrecherebbero valore aggiunto alla collezione.
Comprensibile che al Castello tutto sia leggenda, mistero, fantasia, ma prima le vicende dell’affidamento ai privati della gestione del Castello, che tante frizioni procurarono fra gli assessori, ora il mistero della mancata apertura del Museo, ci mettiamo anche gli abiti da restaurare, comprati per buoni, dove si arriverA? ?