L’AIGA, dopo aver preso parte all’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte di Cassazione, manifesta un forte sentimento di preoccupazione all’interno di una giornata celebrativa che stride con l’attuale stato del sistema giustizia.
Pur apprezzando le parole utilizzate dal Presidente della Repubblica e dal Primo Presidente della Corte di Cassazione Mammone, “i Giovani Avvocati da anni denunciano per la tenuta democratica del nostro Paese e del sistema Giustizia: se è certamente vero che una giustizia lenta è malagiustizia, è altrettanto vero che una giustizia frettolosa, una giustizia dai costi d’accesso irragionevoli, una giustizia sommaria è denegata giustizia. La principale preoccupazione di chi amministra la macchina giudiziaria deve essere il sacro rispetto dei valori costituzionali del diritto di difesa e del giusto processo in contraddittorio tra le parti, perciò spiace constatare che la produttività dei magistrati sia valutata soltanto sulla quantità delle decisioni e non sulla qualità delle stesse, ritenendo gli avvocati responsabili dell’enorme contenzioso italiano, senza spendere una parola per le ingenti carenze di organico, causate anche dai magistrati fuori ruolo perché destinati agli uffici ministeriali”.
Il Presidente dell’AIGA, Associazione Italiana dei Giovani Avvocati, l’avv. Alberto Vermiglio sceglie di utilizzare le stesse, “identiche”, parole utilizzate nel 2012 da un suo predecessore, l’avv. Dario Greco. “Mi dispiace molto che espressioni utilizzate orami sei anni addietro siano estremamente attuali ancora oggi, ma già da molti anni i giovani avvocati denunciano le insostenibili condizioni della giustizia italiana che costituisce motivo di grande imbarazzo in Europa sia per l’avvocatura italiana che per l’intero sistema giudiziario del nostro paese”.
“Non è purtroppo con delle riforme “al ribasso” o addirittura a “costo zero”, continua Vermiglio, “o con nuove normative penali frutto dei “sentimenti dell’opinione pubblica” che si può trainare il paese fuori dalle secche in cui è ormai sprofondato.
I rischi non coinvolgono solo la giustizia ma anche tutti quei settori (economia, lavoro, società civile) che sono strettamente legati ad un servizio fondamentale che lo Stato deve rendere prioritariamente rispetto ad altre esigenze meno urgenti attraverso un serio e strutturato intervento di riforma del sistema che sia davvero frutto della nostra inestimabile cultura giuridica”.
Se come crediamo oggi è l’alba di un nuovo giorno, essa porta con sé la luce che illumina il cammino della Giustizia ed il buon camminatore deve indossare abiti adeguati, avere un buon bastone su cui appoggiarsi, buoni compagni di viaggio con cui confrontarsi sulla scelta del percorso e che lo aiutino o che lui possa aiutare lungo il tragitto: AIGA è disponibile a contribuire al cammino della Giustizia.
INTERVENTO AIGA INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2018
Eccellentissimo Sig. Presidente della Corte d’Appello, Eccellentissimo Sig. Procuratore Generale, Onorevole rappresentante del Consiglio Superiore della Magistratura, Onorevole rappresentante del Governo, Illustrissimo Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, Illustrissime Autorità, Signori Avvocati, Signori Magistrati
porgo a Voi il saluto dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati, con l’auspicio che questa cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario rappresenti l’alba di un nuovo giorno. Tale è nel sentire di ogni Giovane Avvocato e tale, auspichiamo, sia anche nel sentire di ogni protagonista del complesso mondo della Giustizia.
Ed oggi – più dell’anno scorso e dei precedenti – un animo propositivo, pieno di speranza e di voglia di costruire e migliorarsi deve, imperativo categorico, animare tutti i protagonisti della Giustizia.
Dal fermento normativo frammentario che contraddistingue il più recente periodo, che pure è espressione di un forte bisogno e desiderio di cambiamento del sistema Giustizia, emerge chiaramente l’assenza di una visione d’insieme, frutto di vero confronto tra coloro che toccano la quotidianità con mano, ciascuno dal proprio punto visuale.
La mancanza di una progettualità condivisa, nonostante la bontà delle intenzioni sottese alle singole iniziative, produce interventi legislativi che, nel concreto, rischiano di intaccare presidi irrinunciabili di democrazia del sistema giudiziario del nostro Paese; ciò è accaduto con la riforma del processo penale e si è rischiato con la tentata riforma del processo civile.
La prima (approvata con delega al governo di emanare propri decreti in materia di ordinamento penitenziario e intercettazioni, nonché in materia di impugnazioni dei processi) ha comportato il generale inasprimento delle pene per alcune tipologie di reato, la nuova disciplina della prescrizione, le norme sulla “partecipazione a distanza” al processo e le nuove disposizioni in tema di intercettazioni, e ad oggi rappresenta un rischioso passo indietro sul piano dell’effettività del diritto di difesa e delle garanzie riconosciute (o da riconoscere) ai cittadini.
Non possiamo dimenticare, in proposito, anche il disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati, in data 28 novembre 2017, contenente la modifica dell’art. 438 del Codice di Procedura Penale con l’inserimento del comma 1-bis che disciplina l’istituto del rito abbreviato, oltre alla modifica dell’art. 69 Codice penale. Il ddl prevedendo l’introduzione di un nuovo comma 1 – bis , le cui disposizioni precludono l’accesso al rito per alcuni delitti specificatamente indicati (omicidio aggravato, sequestro di persona con morte del sequestrato ed altri), di fatto si inserisce a pieno titolo nel solco di quelle iniziative di chiara matrice simbolica finalizzate a garantire l’ennesima concessione, in materia penale, da parte della politica, al populismo più greve e che vede nella privazione delle garanzie difensive e nella compressione delle scelte processuali l’unica espressione legislativa; ciò che era già avvenuto con l’introduzione nel nostro ordinamento del nuovo reato di omicidio stradale.
Con la paventata riforma processo civile, poi, si è tentato, fortunatamente senza successo, di introdurre il rito sommario quale rito ordinario del processo civile per le controversie di competenza del giudice monocratico. AIGA, unitamente ad altre associazioni maggiormente rappresentative ed agli stessi rappresentati della magistratura, ha manifestato le proprie perplessità sulla bontà della misura dal punto di
vista strettamente processuale che, a dire della politica, ove applicata, avrebbe consentito il dimezzamento della durata dei procedimenti rispetto al rito ordinario ma che, all’atto pratico, avrebbe invece aumentato a dismisura il potere discrezionale dei giudici.
La mancanza di coesione dei soggetti tutti chiamati ad occuparsi della Giustizia, di una dichiarata comunione di intenti tra loro, trasmette forte incertezza nel tessuto sociale ed economico della collettività, nello sguardo di chi si rivolge alla Stato per la tutela dei propri interessi, ai suoi garanti, togliendo il conforto e la rassicurazione di approcciare al quotidiano ed al futuro di relazioni e rapporti col coraggio e con la libertà d’animo che più che mai oggi necessita.
Il ruolo dell’avvocatura delegittimato dal difetto di strumenti efficaci, dal dialogo conflittuale con la magistratura, dalla negazione di una remunerazione giusta e sicura del proprio lavoro, sconta per questo la rassegnazione e la perdita dell’accoramento e dell’ispirazione profonda che ne dovrebbero contraddistinguere l’agire. Ne è prova il significativo calo del numero degli iscritti alla facoltà di giurisprudenza. Negli ultimi dieci anni le immatricolazioni ai corsi universitari italiani sono passate da 29mila a 18mila; diminuzione che va inopinabilmente imputata alla riduzione degli sbocchi professionali sempre meno attrattivi per le nuove generazioni. Ne è prova ancor più significativa il rilevante calo degli accessi al sistema Giustizia da parte della collettività, che non crede più di trovare riconoscimento alle proprie legittime istanze.
Le ragioni, a nostro vedere, vanno ricercate nell’incapacità del nostro sistema nel suo complesso di trasmettere rassicurazioni alla collettività in termini di certezza del diritto, con conseguente frustrazione dei singoli alla propria ambizione di svolgere, con la dignità che gli è propria, il rispettivo ruolo. La lunghezza del processo è vista come diniego di giustizia che pregiudica le ragioni dei singoli e dell’economia; il mercato di cui sempre si parla non può prescindere dall’adeguata supervisione di un sistema giustizia vigile e severo, che sia in grado di assicurare adeguata tutela dei diritti e tempestiva risoluzione delle controversie e che recuperi il proprio ruolo con rinnovata capacità nei confronti di un Legislatore troppo produttivo in via sostitutiva.
In un quadro già complesso incidono negativamente le piccate e volgarizzanti campagne mediatiche, che non giovano all’amministrazione della Giustizia.
Ciò che necessita è una profonda, composta e dignitosa rivoluzione culturale che sia il frutto di un serrato e disponibile dialogo tra i protagonisti del mondo giudiziario, tra loro e con i protagonisti del mondo politico, volto prima di tutto a ritrovare consapevolezza dell’essenzialità e della serietà della funzione – che oggi sembra confusa – e quindi a tradursi nell’elaborazione o nel miglioramento di norme, sostanziali e procedurali, e nella loro concreta attuazione; con l’unico obbiettivo di rispondere alle esigenze della collettività.
A giudizio di AIGA il principio ispiratore di base che deve informare e condurre l’iniziativa immediata del Legislatore, dell’Avvocatura e della Magistratura è quello di un ritorno all’etica professionale di ciascun ruolo e di tutti insieme, che si traduca in un rinnovato e profondo senso di responsabilità nell’assolvimento dei compiti che a ciascuno competono, nel rispetto di quello degli altri, nell’aiuto affinché ogni altro possa agevolmente assolvere i propri, nell’equa remunerazione morale ed economica di tutti; per il bene collettivo.
AIGA auspica, quindi, che le logiche della concorrenza porgano sempre il proprio ossequio all’etica, senza sacrificare sull’altare dei protagonismi la competenza, l’equa remunerazione dell’impegno del professionista e con essa la qualità nella gestione, su ogni fronte, della Giustizia; e ciò a dispetto delle distorsioni che la lotta per la sopravvivenza porta con sé, a negazione delle iniquità che i periodi di crisi economica implicano. Il fecondo confronto sul tema dell’Equo compenso ha consentito la valorizzazione di un riconoscimento determinato in maniera proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, tenendo conto dei parametri previsti dai regolamenti delle singole professioni. AIGA ha da sempre sostenuto la necessità di un tale tipo di intervento, che funga da correttivo di fronte al dilagare di un mercato dominato dall’arbitrio e dall’abuso di posizioni dominanti. Grazie al dialogo, lo Stato ha riconosciuto il diritto a tutela della dignità di tutti i professionisti.
Ogni energia, anche concreta, andrà profusa a coltivare la più proficua interazione ed il dialogo tra gli operatori della giustizia: dagli investimenti volti al completamento del processo di telematizzazione, con l’estensione al contesto penale ed a quello degli Uffici del Giudice di Pace, a quelli destinati all’aumento dell’organico della magistratura, e più in generale del personale degli Uffici Giudiziari. Dalla formazione di GOT e Giudici di Pace, in funzione dell’importanza degli incarichi che vanno ed andranno a ricoprire, a forme di defiscalizzazione degli investimenti dell’avvocato nell’esercizio della propria professione. Dallo snellimento e dalla maggior finalizzazione delle procedure, giurisdizionali istituzionali e di ADR, già contemplate dalla normativa in essere, all’ampliamento delle sfere di competenza e di riserva della professione di avvocato.
Il dialogo, in concreto, passa anche attraverso contesti di confronto convocati in pianta stabile tra gli operatori del diritto, che si confrontino sulla uniformità applicativa delle norme di procedura; tanto a livello locale quanto su tutto il territorio.
Parimenti va istituzionalizzato il dialogo con le rappresentanze parlamentari affinché l’immediatezza di intervento che ci viene richiesta, si traduca in norme che siano il frutto di elaborazione attenta, espressione di profonda cultura della materia trattata e dell’esperienza.
Se come crediamo oggi è l’alba di un nuovo giorno, essa porta con sé la luce che illumina il cammino della Giustizia ed il buon camminatore deve indossare abiti adeguati, avere un buon bastone su cui appoggiarsi, buoni compagni di viaggio con cui confrontarsi sulla scelta del percorso e che lo aiutino o che lui possa aiutare lungo il tragitto.
Perché ogni cammino conduca alla meta agognata occorrono buona ispirazione, valida collaborazione, caparbietà e spirito di sacrificio. Per contro la mancanza di attrezzatura idonea, la cattiva scelta di percorso come la solitudine, difficilmente conducono al risultato.
Ripartiamo perciò uniti per percorrere il medesimo sentiero guardando con coraggio e determinazione alla medesima meta.