Chi ha avuto la fortuna di frequentare l’università a Catania o di viversi per un periodo di tempo, sa che in questo periodo la città etnea si riempie di due profumi: il primo, quello acre delle caldarroste, il secondo, quello speziato delle Rame di Napoli. E’ questo, secondo molti, il dolce tipico della festa dei morti. Nato come “dolce povero”, frutto degli scarti di altri dolci, oggi le Rame vengono prodotte da tutte le pasticcerie catanesi e dai panifici: non esiste, in questo momento, un esercizio commerciale che non proponga la sua versione. Cannella, chiodi di garofano e un aroma di arancia si fondono al sapore intenso del cioccolato. La nascita del termine rame di Napoli sembra risalire al periodo del Regno delle due Sicilie. È proprio con l’unificazione del Regno di Napoli con il Regno di Sicilia che i borboni coniarono una nuova moneta in lega di rame in sostituzione di quelle in oro e argento. Così, il popolo creò la versione dolciaria della nuova moneta. Non a caso, l’analogia richiama anche la “povertà” del dolce che, appunto, nella tradizione veniva fatto con gli scarti e i ritagli di altri dolci, proprio come la moneta che nasceva da un metallo poco pregiato. Nel tempo si è tramandata l’usanza di preparare le rame di Napoli per la festività di Ognissanti perché venivano regalate dai nonni e dai genitori ai bambini, a i quali veniva spiegato che si trattava di doni da parte dei parenti defunti per essere stati buoni durante l’anno. Un dolce straordinario, che deve essere assaggiato almeno una volta nella vita. All’interno, la consistenza è morbida, quasi cremosa, mentre all’esterno una coperturadi cioccolato fondente (o bianco), la rende leggermente croccante. E’ un dolce evocativo, per la maggior parte di noi. Forse, ricorda proprio quel periodo spensierato della gioventù, delle giornate universitarie, in cui bastava un dolcetto a base di cacao per ricaricarsi ed essere felici.