C’è una chiesa, a Piazza Armerina, che Vittorio Sgarbi ha definito “La Cappella Sistina siciliana”. E non aveva tutti i torti: si tratta della chiesa di San Giovanni Evangelista, salvata dall’incuria e dalle infiltrazioni d’acqua, oggi visitabile. Piazza Armerina merita di essere visistata non soltanto per la celeberrima Villa Romana del Casale. E’ stata definita la città delle 100 chiese (ma ci dicono che in realtà sono 114) e il suo centro storico è affascinante. Potrebbe sicuramente essere tenuto meglio, alcuni monumenti sono lasciati all’incuria e purtroppo quasi tutte le chiese sono chiuse al pubblico. Ma la Sistina di Sicilia l’abbiamo trovata aperta ed è stata veramente una scoperta. La chiesa fa parte del Fec, il patrimonio del fondo degli edifici di culto che ha origine dalle leggi della seconda metà del 1800 con le quali lo Stato italiano soppresse le proprietà ecclesiastiche. La sua storia l’abbiamo recuperata da un articolo di Antonella Lombardo, in cui vengono spiegate le origini e, soprattutto, i magnifici affreschi che la adornano.
Risale all’incirca al 1721 il completamento dei lavori a cura delle suore benedettine. È la badessa Angelica Cremona a commissionare al Borremans, artista fiammingo, gli affreschi. Nella cupola il pittore di Anversa dipinge il mistero dell’Eucaristia, nelle pareti laterali dell’altare maggiore la Natività e l’Epifania, mentre nella volta sceglie di rappresentare la visione apocalittica di San Giovanni. Nella parete di sinistra, invece, è raffigurata l’apoteosi di San Benedetto e la regola benedettina, mentre sul lato destro c’è il martirio di San Placido con, sullo sfondo, il golfo di Messina. Sui piloni della cupola e nelle lunette paiono quasi volteggiare le figure di donne simboleggianti le virtù, il tutto in un tripudio di nuvolette, rami intrecciati e ghirlande di fiori che sembrano un inno alla primavera. L’altare maggiore, successivo all’incendio del 1722, è opera dei marmisti catanesi, i fratelli Marino, mentre ai lati si stagliano due statue in marmo bianco di Carrara che rappresentano la Fede e l’Innocenza. A fianco spicca l’imponente pulpito in legno intarsiato in argento dorato del XVIII secolo, di autore ignoto.
Foto: Davide Modesto