24 canzoni in gara e la puntata finisce all’una. E naturalmente, stiamo parlano di Sanremo, il festival canoro italiano a cui nessuno, nel bene o nel male, riesce a sottrarsi.
Le abbiamo ascoltate tutte le canzoni dei big in gara. Alcune finiranno nel dimenticatoio, non abbiamo dubbi. Altre, invece, si candidano certamente alla vittoria. Altre sono già un successo radiofonico. E d’altra parte, forse è quella la miglior vittoria. Lo diciamo subito, a scanso di equivoci: per noi, Loredana Bertè ha già vinto. La signora del rock italiano a 68 anni ha una presenza scenica invidiabile, delle gambe da modella e una voce graffiante come quando aveva 20 anni. La canzone “Cosa ti aspetti da me”, ti entra nelle orecchie e non esce più. Ritmica, viva, ritornello accattivante, la Loredana nazionale si candida se non proprio a vincere il Festival, sicuramente ad essere la guerriera morale di questa edizione. Minigonna di pelle, look trasgressivo ma non eccessivo, capelli blu. Meravigliosa.
Saranno successi radiofonici le canzoni di Nek (Mi farò trovare pronto) e Federica Carta & Shade. I testi non sono granchè ma per la radio vanno benissimo. Nek è Nek, funziona sempre e sembra addirittura non invecchiare mai, è uguale a 20 anni fa. Federica Carta & Shade vanno benissimo per i ragazzini (e con ciò non vogliamo offendere nessuno, è il gusto musicale che si rispecchia in quella generazione).
Fra le canzoni certamente più impegnate, sia dal punto di vista musicale che testuale, non possiamo non citare Daniele Silvestri con “Argentovivo”: batteria al centro e due banchi a spiegarci che il tema della canzone sono i drammi e le difficoltà adolescenziali. Il carcere che si vive quando non si è capiti, lobotomizzati davanti a uno schermo tv. Il rapper Rancore dà quella nota in più. Molto interessante anche l’interpretazione di Simone Cristicchi che, da sempre, propone canzoni che bisognerebbe non solo ascoltare, ma anche leggere: la sua “Abbi cura di me” potrebbe anche piazzarsi. Ultimo rimane certamente il cantante della sua generazione ma è Motta con “Dov’è l’Italia” a candidarsi prepotentemente alla vittoria, con la sua canzone che parla di odio e migranti. Non che sia un tema così innovativo ma va benissimo per Sanremo e la canzone funziona. Premio della critica probabilmente ai Zen Circus con “L’amore è una dittatura”. Quasi tutti hanno avuto problemi di intonazione e il fonico non ha brillato: soprattutto nella prima parte della serata, non si riuscivano a percepire le parole delle canzoni. L’unica che merita veramente un premio per la sua grandissima intonazione è Arisa, davvero eccellente sul palco, ma la sua “Mi sento bene” non fa impazzire. Peccato per Mohamood, il vero innovatore e cantante moderno nel festival ma che probabilmente nessuno ha capito. Il volo non vola, e la loro “La musica che resta” è senza infamia e senza lode. Solida Paola Turci, interessante Achille Lauro. Vedremo, nelle prossime serate, chi riuscirà ad imporsi.
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