A poche settimane dalla terza edizione del Ragusa Pride, che quest’anno si svolgerà nelle giornate del 28 e 29 giugno a Marina di Ragusa, il comitato organizzatore rende pubblica la piattaforma della manifestazione. “È questo il fiore”, lo slogan scelto per l’edizione 2024, sintetizza con immediatezza lo spirito antifascista che informa l’intero manifesto politico e scandisce i diversi punti del documento.
“Un documento intenso – è spiegato in una nota – nel quale il richiamo alle radici storiche e militanti del Pride, che risalgono ai “moti di Stonewall” del 28 giugno 1969 a Manhattan, si intreccia con l’analisi delle criticità del tempo presente, nel quale i diritti civili delle persone LGBTQIA+ subiscono una continua e rapida erosione da parte del governo di Giorgia Meloni e delle sue propaggini. Non a caso, come ricorda il documento, l’Italia occupa il 36° posto nella Rainbow Map 2024 per l’uguaglianza e tutela delle persone LGBTQIA+ su 49 Paesi censiti, più in basso persino dell’Ungheria illiberale e autoritaria di Orbán”.
“Per questa terza edizione del Ragusa Pride abbiamo voluto redigere un documento politico che ci posizionasse in termini non equivocabili – spiegano le persone portavoce del comitato ‑. In un periodo storico difficile e pericoloso come quello che stiamo vivendo, quando i nostri diritti perdono ogni giorno terreno e come persone LGBTQIA+ subiamo continui attacchi, ci è apparso indispensabile offrire una chiave di lettura chiara degli intenti e delle rivendicazioni della manifestazione che attraverserà le strade e le piazze di Marina di Ragusa il prossimo 29 giugno. La parata del Pride – prosegue il comitato ‑, così come gli appuntamenti che la precedono, è il momento politico più alto della nostra comunità, quello che dà visibilità alle nostre esistenze, alle diversità che incarniamo con i nostri corpi e alle nostre rivendicazioni. ‘È questo il fiore’, lo slogan che abbiamo scelto, non solo rende esplicito l’antifascismo che impregna le nostre lotte, ma dichiara anche apertamente che, come comunità, ci consideriamo ‘il fiore della resistenza’, quel papavero rosso che campeggia nel logo di quest’anno e che esprime con una semplice immagine la nostra lotta irriducibile contro ogni forma di oppressione e negazione dei diritti”.
Il documento, scritto a più mani, nasce da un lavoro collettivo svolto nei mesi scorsi dalle persone impegnate nell’organizzazione dell’evento. “Abbiamo creato diverse occasioni di confronto all’interno della Rete Ragusa Pride per individuare e definire le parole chiave di questo Pride – precisa Andrea Ragusa, presidente di Arcigay Ragusa, l’associazione capofila dell’organizzazione. – Le parole d’ordine confluite nel documento, antifascismo, autodeterminazione, orgoglio, intersezionalità, famiglie e, naturalmente, diritti, sintetizzano la nostra visione politica e le nostre rivendicazioni. Ma non abbiamo voluto fermarci a concetti astratti, quest’anno abbiamo inserito nella piattaforma alcune richieste specifiche rivolte ai/alle rappresentanti delle istituzioni locali e della scuola, perché pensiamo che non bastino le adesioni puramente formali o le dichiarazioni di vicinanza vaghe e occasionali, chiediamo che chi ci amministra metta in atto azioni concrete a difesa dei nostri diritti e a sostegno della nostra comunità”.
Queste le richieste espresse nella parte conclusiva del documento:
“Chiediamo anzitutto alle sindache e ai sindaci dei Comuni che hanno patrocinato il Pride di istituire il registro comunale per il riconoscimento del nome e del genere di elezione, nonché di essere coraggiose e solidali con le nostre lotte, disapplicando la circolare del Ministero dell’Interno che vieta la trascrizione degli atti di nascita də figliə di coppie omogenitoriali natə all’estero.
Chiediamo inoltre alle dirigenti e ai dirigenti delle scuole e a tutta la pubblica amministrazione di adottare nei propri ambiti regolamenti per il riconoscimento della Carriera Alias.
Si tratta di segnali chiari e univoci di una volontà politica di riconoscimento delle nostre esistenze e dei nostri diritti civili. Sull’accoglimento di queste richieste si misura il grado di democraticità e di vivibilità di una città.”