La vita, malgrado le difficoltà, è bella, anzi bellissima. Lo sostiene, con grande consapevolezza e un dolcissimo sorriso, Daniele Inzerillo (nella foto), 39enne palermitano. Eppure la storia che Daniele ha alle spalle non è affatto semplice. Un percorso il suo, tortuoso ed accidentato, che tuttavia non gli ha tolto l’ottimismo con il quale affronta ogni giornata, e la gioia, per l’appunto, di vivere. La vita è un dono prezioso e non va sprecato, e Daniele, che ha rischiato di non esserci più, lo sa bene: ha dovuto impararlo sin da ragazzino.
Oggi Daniele è un uomo dai modi gentili, si definisce “testardo, forse anche troppo”, lavora nel mondo della moda, e vive, come lui stesso dice “al cento per cento”.
Quando Daniele ha 9 anni i medici decidono di sottoporlo ad una biopsia renale, per comprendere appieno i motivi dei suoi problemi di salute. Daniele infatti, soffre di dermatite atopica e problemi agli occhi. La diagnosi è dura da mandar giù: sindrome di Alport, una malattia genetica caratterizzata da ridotta funzionalità renale, e talvolta alterazioni della vista e sordità. Il primo a donargli il rene è il padre.
Il 13 agosto 2002, all’Ismett di Palermo, viene eseguito il trapianto da donatore vivente. Il giovane cresce, va a scuola, frequenta gli amici, si afferma professionalmente e diventa un appassionato dell’allenamento fisico, tanto da recarsi in palestra regolarmente tre volte a settimana. Nel 2023 però, i medici si rendono conto che il rene di Daniele, non quello che gli ha donato il padre ma l’altro, non funziona. Gli prospettano la necessità di un nuovo trapianto di rene e lo inseriscono in lista d’attesa. Il trapianto viene effettuato.
La mattina dopo il trapianto Daniele si sente di buonumore. Ma da quando si è svegliato non ha fatto altro che pensare al suo donatore. Ha pochissime informazioni su di lui: sa che era un giovane di 18 anni, deceduto a causa delle conseguenze di una patologia, proprio all’Ismett.
“Appena ho acquisito totalmente la mia lucidità – racconta a BlogSicilia – sono andato su Google e ho fatto delle ricerche che hanno avuto esito positivo. Ho scoperto che il mio donatore si chiamava Igor Belfiore, ed era di Acate, in provincia di Ragusa. Nei giorni successivi ho seguito sui giornali online e sui social i suoi funerali, molto toccanti: i compagni di scuola di Igor, un ragazzo meraviglioso e perbene, benvoluto da tutti nel suo paesino, all’uscita della bara dalla chiesa hanno fatto volare in cielo i palloncini, e lo hanno salutato per sempre con il rombo delle loro moto. Poi ho scoperto anche chi era il padre di Igor ma non mi sono mai permesso di contattarlo: io non ho ancora figli ma mi metto nei panni di un genitore che ne perde uno, il dolore dev’essere atroce, viscerale”.
Daniele si iscrive ai gruppi e inizia a leggere tutti i post pubblicati, e un giorno, con grande sorpresa, legge proprio un post del papà di Igor. Lui risponde con un commento al post, entrano in contatto, si scambiano i numeri di telefono. Daniele e il padre di Igor iniziano a conoscersi meglio, a raccontarsi, sino ad entrare in confidenza e a decidere di incontrarsi a Palermo.
“Quando ho incontrato i genitori di Igor – dice – ho vissuto una emozione indescrivibile. Sua madre non faceva altro che abbracciarmi e chiedermi come stavo. Ho visto una donna distrutta dal dolore, che non riesce a trovare pace per quanto accaduto ma generosa e dal cuore grande. La loro scelta di donare gli organi di Igor ha salvato la vita a me e ad altre persone. Io non potrò mai dimenticarlo”.