Anc Ragusa prova a fare chiarezza sul perché, in questi giorni, sulla stampa nazionale, si stia discutendo con toni elevati sulle modifiche apportate al decreto legislativo 139/2005, che regolamenta la professione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. “Come categoria – chiarisce il presidente di Anc Ragusa, Rosa Anna Paolino – eravamo consapevoli che la carta costituzionale che regolamenta la nostra categoria, il decreto legislativo 139/2005, era ormai obsoleta e che dopo più di vent’anni dalla sua entrata in vigore doveva essere cambiata. Sin da subito, come associazione, abbiamo ritenuto il processo di revisione poco trasparente. Senza un adeguato coinvolgimento degli ordini territoriali e dei professionisti, le richieste di confronto più partecipative e democratiche, prima dell’invio del testo modificato al legislatore, sono rimaste disattese. Avevamo l’opportunità di riscrivere una norma in modo coerente, corretta e costituzionalmente inattaccabile, dando dimostrazione pratica al legislatore che le norme si possono scrivere in maniera chiara e non schizofrenica, cosa a cui da anni ormai siamo abituati. In particolare, Anc, insieme ad altre associazioni di categoria, ha sottolineato l’urgenza di un approccio condiviso per garantire una riforma realmente rappresentativa degli interessi della categoria, criticando la mancanza di dialogo con gli interlocutori istituzionali e la base professionale. La proposta di modifica del decreto legislativo 139/2005, così come presentata dal consiglio nazionale, tra le altre cose, presenta un quadro complesso riguardo al ruolo degli Ordini territoriali, con elementi che rafforzano, ma anche ne limitano fortemente, l’autonomia”.
“In sintesi – dice ancora Paolino – la riforma tende a rafforzare il ruolo centrale del Consiglio nazionale, soprattutto in ambito finanziario e disciplinare, mentre agli Ordini territoriali sono riconosciuti alcuni strumenti di coordinamento e trasparenza, ma rischiano di perdere parte della loro autonomia decisionale e politica, con un rapporto che potrebbe diventare più gerarchico e meno partecipativo. Un ruolo dominante può avere effetti negativi per la categoria generando tensioni e conflitti di cui nessuno sente il bisogno. Una eccessiva concentrazione di potere o responsabilità in pochi ruoli limita la diversità di contributi, la comunicazione aperta e la collaborazione, tutti elementi fondamentali per l’innovazione della nostra professione. Ecco perché si è chiesto alla politica di rimettere in gioco la riforma disertandone l’approvazione, auspicando da parte dell’attuale governance un processo di riscrittura condivisa, equilibrata, che rispetti i criteri di chiarezza, precisione, uniformità, semplicità nel testo normativo”.