“Prendiamo atto con soddisfazione che , nel corso del recente incontro tra la direzione generale e i sindacati, il vertice aziendale dell’azienda sanitaria si sia affrettato a comunicare che il reparto Malattie infettive a Ragusa non verrà soppresso”. Lo dice il comitato civico Art. 32 che aggiunge: “Ma come come tutti sanno nella pubblica amministrazione (specie quella a gestione partitica) le decisioni provvisorie sono sempre destinate a diventare definitive. Certamente il coro di proteste, tra le quali anche la nostra, sembra aver prodotto degli effetti. Comunque anche la nostra associazione vigilerà sugli sviluppi della vicenda. E però per un passo avanti, l’azienda ne compie due indietro. Ancora una volta constatiamo che i super manager aziendali stanno alla larga dai vari reparti e forse qualcuno di loro non ha mai fatto un sopralluogo dove le persone attendono di usufruire dei servizi sanitari. Da anni gridiamo ai quattro venti che i dirigenti preposti hanno scarsa conoscenza e dimestichezza con i servizi di accoglienza e attesa dell’utenza”.
“La cronica assenza di kit eliminacode davanti a molti sportelli – prosegue il comitato – le sedie insufficienti nelle sale di attesa, gli accessori nei servizi igienici e così via. Inoltre, sembra che i vertici aziendali non si rendano conto che le sempre più frequenti ondate di calore hanno effetto sulle persone e quindi i sistemi di raffrescamento nelle aree comuni sono inutili. Sono questi elementari accorgimenti, che non hanno nulla a che fare con la carenza di medici e infermieri, che contraddistinguono il grado di rispetto verso i cittadini. Ancora una volta possiamo dimostrare, con foto eloquenti, che per certi servizi la sciatteria e incapacità gestionale sono una costante. Mercoledì 11 giugno ore 11 davanti l’ambulatorio di Radiologia (nella foto) dell’ospedale di Comiso: senza eliminacode che regola le attese e ovviamente senza posti a sedere sufficienti Se questi piccoli accessori mettono in crisi il bilancio dell’azienda sanitaria, abbiano il coraggio di dirlo e chissà forse una raccolta pubblica di fondi potrebbe rappresentare una soluzione e confermare che certe persone, che stanno a capo di servizi semplici e poco costosi, non provano alcuna vergogna”.