La sanità pubblica in Sicilia è ancora una volta sotto accusa e non per meriti. La vicenda di una donna di Chiaramonte Gulfi è un emblema sconfortante di disfunzioni burocratiche, carenze strutturali e una palese negazione dei diritti fondamentali dei cittadini. La denuncia, anche questa volta, arriva dal comitato civico Art. 32. “Una storia che, purtroppo, non è un caso isolato e che solleva interrogativi cruciali sullo stato di un servizio che dovrebbe essere universale – dice il presidente Rosario Gugliotta – un’urgenza ignorata: prescrizioni dimenticate e rifiuti inspiegabili”.
Ecco il racconto di quanto accaduto secondo quanto descrive il comitato:
“Il calvario della signora inizia il 13 maggio, quando, a seguito di una consulenza specialistica, il suo medico curante le prescrive esami cardiologici specifici. L’urgenza è massima: sia lo specialista che il medico concordano sulla necessità di eseguire gli accertamenti entro 10 giorni, data la patologia severa della paziente e l’impossibilità di impostare una terapia farmacologica adeguata senza i risultati.
La paziente si rivolge all’ospedale di Vittoria, l’unica struttura indicata per quel tipo di esami. La risposta, però, è un muro invalicabile: “Non ci sono le necessarie attrezzature”. Ancora più grave è l’assenza totale di indicazioni su altre strutture, sia nella provincia che fuori, capaci di erogare la prestazione. Un silenzio assordante che si scontra con la normativa vigente (D.L. 124/98), la quale obbliga l’azienda sanitaria a garantire l’esame tramite una struttura privata convenzionata, con il solo costo del ticket a carico del paziente, in caso di mancata disponibilità pubblica nei tempi previsti. Un diritto inalienabile, qui platealmente ignorato. L’Asp ammette le carenze: “Il Re è Nudo”. Dopo oltre un mese di attesa e senza alcuna risposta, la signora, con la sua salute a rischio, invia una mail all’Azienda sanitaria provinciale per sollecitare gli esami vitali. La risposta, giunta dopo ben 72 giorni dalla ricetta, è a dir poco sconcertante e suona come una clamorosa ammissione di colpa. Il responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico dichiara il proprio dispiacere e, in un passaggio che sembra gridare “il re è nudo”, cita una relazione interna: “Non abbiamo personale amministrativo da poter dedicare alle risposte delle mail ricevute”. Un’affermazione che scoperchia il vaso di Pandora, rivelando non solo la carenza di medici e infermieri, ma anche un deficit amministrativo in un “apparato elefantiaco”. Viene spontaneo chiedersi dove siano finiti i numerosi assunti durante l’emergenza Covid, poi regolarmente stabilizzati in pianta organica.
La nota dell’Asp prosegue con ulteriori ammissioni: “Non esiste in Asp altro servizio che eroga questa prestazione. Per cui tutti gli esami di cardio RM in lista di attesa sono sospesi fino a nuova disponibilità di apparecchiatura adeguata”. Per uno dei due esami, definito “super-specialistico”, si specifica che viene eseguito da soli due medici, impegnati anche in altri servizi e in guardia notturna, e che “i tempi di esecuzione degli esami sono condizionati da diverse variabili”.
“La beffa finale – ancora Gugliotta – arriva quando la lettera dell’Asp tenta persino di minimizzare le condizioni della paziente, affermando che è “in attuale compenso” e che la prestazione di cardio TC sarebbe stata eseguita “alla ripresa del servizio di Risonanza, prevista per fine settembre 2025; secondo lista d’attesa”. Una dilazione inaccettabile di oltre quattro mesi, che avrebbe aggravato ulteriormente la patologia. Di fronte a tale scenario, la signora è stata costretta a rivolgersi a una struttura privata, sborsando la considerevole cifra di 400 euro”. Una spesa che, come sottolinea Rosario Gugliotta, presidente del Comitato Civico Articolo 32, equivale al 74% dell’importo mensile di una pensione al minimo. Un onere insostenibile per molte famiglie, che di fatto trasforma il diritto alla salute in un lusso accessibile solo a chi può permetterselo. Questa vicenda è un monito severo sullo stato della sanità in Sicilia, dove il diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, sembra sempre più subordinato al portafoglio e all’arbitrio burocratico. Fino a quando le fragilità sociali continueranno a essere ignorate e le disuguaglianze a crescere, la promessa di una sanità pubblica e universale rimarrà un’illusione.