«Modica con la Global Sumud Flotilla»: è questo il messaggio stampigliato sulla bandiera dello Stato di Palestina che l’Associazione Piero Iemmolo ha fatto sventolare domenica scorsa dalla terrazza del Pizzo. Si tratta di un segno di condivisione, di partecipazione e di sostegno alla missione della Global Sumud Flotilla, la flotta umanitaria di circa cinquanta imbarcazioni a vela che nei prossimi giorni prenderà il largo dalle coste siciliane facendo rotta verso Gaza. L’intento della missione è quello di forzare il blocco navale israeliano, che da decenni blocca l’accesso via mare alla Striscia di Gaza, per portare cibo, acqua e medicine a una popolazione ormai stremata dalla carestia e dai bombardamenti, dopo 700 giorni di guerra condotta dall’esercito israeliano in violazione del diritto internazionale e perfino della più comune umanità. Un atto di guerra intestina e distruttiva reso ancora più grave dal fatto che a perpetrarlo è uno stato democratico dell’Occidente.
Per questo la Flotilla ha anche un intento simbolico decisivo: all’inerzia della politica internazionale, e anzitutto dei paesi europei, di fronte al genocidio del popolo palestinese – inerzia aggravata dalla costante fornitura di armi a Israele – le donne e gli uomini della Global Sumud oppongono (e pongono) il segno di una politica diversa, una politica come azione comunitaria, condotta dall’opinione pubblica, portata avanti da semplici cittadini che recuperando la loro dignità si rendono protagonisti di un gesto ispirato ai principi democratici enunciati mirabilmente nella Costituzione della Repubblica Italiana. La Flotilla è una iniziativa spontanea, nata dal basso, pacifica, nonviolenta. È un’altra storia, un’altra politica, come ha sottolineato nel suo messaggio alla conferenza stampa di presentazione della missione – svoltasi in Senato il 3 settembre scorso – il presidente onorario dell’Associazione Piero Iemmolo, l’arcivescovo di Palermo don Corrado Lorefice: «Sono convinto che l’unica via umana ed evangelica per contrastare la guerra in maniera nonviolenta sia l’interposizione, sia cioè lo schieramento di corpi inermi sul fronte dei belligeranti, corpi viventi e disarmati che pongono la loro presenza quale principio e pensiero di un mondo nuovo. Ringrazio di cuore tutti coloro che stanno rendendo possibile e che stanno scommettendo sé stessi in un’azione che ai miei occhi richiama ovviamente le grandi marce nonviolente del Mahatma Gandhi e di Martin Luther King. Ne sono toccato e commosso. Alle orecchie della nostra coscienza umana e cristiana risuonano ancora le penetranti parole di don Tonino Bello a Sarajevo: “La pace va osata” […]. Diciamo ‘no’ alla guerra e al genocidio, diciamo ‘sì’ alla vita e alla pace per tutti, e in primo luogo per il popolo di Palestina, assoggettato a una sofferenza atroce e totalmente ingiustificata». E ancora: «La condanna dell’attentato del 7 ottobre è stata unanime, così come il mio, il nostro rifiuto di ogni forma di antisemitismo. Oggi però siamo di fronte a qualcosa di diverso. L’estrema destra della politica israeliana, che non rappresenta in alcun modo la totalità dei cittadini di Israele, ha trasformato la reazione all’attentato in un progetto dichiarato di genocidio e di deportazione della popolazione palestinese. Progetto che ha come obiettivo ultimo la fine di ogni possibilità di costruzione di uno Stato di Palestina, grazie anche alle gravissime violazioni del diritto internazionale in corso ormai da anni in Cisgiordania. Di fronte a tutto questo io credo che siamo chiamati a reagire, non come esponenti di un partito o tifosi di una squadra, ma come donne e uomini che vogliono rimanere fedeli al senso dell’umano. È l’umanità a essere in gioco simbolicamente a Gaza». Per questo sventola dalla collina del Pizzo di Modica una bandiera di pace, di riconciliazione, di speranza.