“Il patto nelle campagne: la mafia albanese detta le regole e sfida lo Stato”. E’ quanto scrive il giornalista antimafia Giuseppe Bascietto che, sui social, riporta le proprie valutazioni rispetto a quanto accaduto nelle ultime ore a Vittoria.
“Dal summit segreto alla liberazione del ragazzo rapito – spiega Bascietto – ecco la nuova geografia del potere criminale. Qualche settimana fa, lontano dai riflettori, due contrade isolate di Vittoria — Zafaglione e Berdia — hanno ospitato un incontro destinato a cambiare gli equilibri criminali della città. In quei casolari di campagna si sono riuniti i vertici dei clan albanesi e i rappresentanti delle principali famiglie mafiose locali – afferma il giornalista – I nomi emersi sono pesanti: Pandeli Prifti, Luzim Ndreu, Kujtim Rapushi e Gianfranco Stracquadaini, oggi latitante, per il fronte albanese. Dall’altra parte, quasi tutte le famiglie di Vittoria, tranne i Ventura, esclusi e quindi messi ai margini. A sorpresa c’era anche Roberto Di Martino, lo stesso che Stracquadaini aveva tentato di uccidere il 25 aprile 2024. Ma quando si tratta di affari, persino la vita può passare in secondo piano”.
“L’accordo raggiunto – chiarisce ancora Bascietto – è netto: gli albanesi impongono Stracquadaini come nuovo reggente, nuovo dominus del traffico di droga in città e in provincia. A lui e agli albanesi il controllo militare del territorio. Ai Greco, invece, il compito di mantenere i rapporti con le famiglie mafiose fuori provincia — da Catania a Gela, da Agrigento a Palermo. Così la catena del potere si consolida: da un lato il braccio armato, rappresentato dai clan albanesi e da Stracquadaini; dall’altro il fronte economico, in cui i Greco, i Consalvo (Giacomo e Michael), Pino Gueli e altri criminali trasformatasi in imprenditori curano e ampliano i loro affari. La maggior parte ha accettato, per paura o per convenienza. Sul fronte del traffico e dello spaccio di droga a ribellarsi sono stati soprattutto i gruppi nordafricani, decisi a non cedere il monopolio sul traffico di marijuana. Da lì gli episodi archiviati frettolosamente come “risse tra extracomunitari”, che in realtà nascondono raid punitivi e i primi segnali di una guerra sotterranea”.
“Da quella riunione la mappa del potere è mutata. La mafia albanese, forte di una logistica superiore, della rapidità di esecuzione e dell’appoggio silenzioso di alcune famiglie locali, si è presa tutto – chiarisce ancora Bascietto – Hanno cominciato con il controllo delle serre e oggi puntano a qualcosa di più ambizioso: la creazione di un consorzio con sede lungo lo stradale di Arcerito. Ci sono già capannoni e terreni, presto arriveranno uomini, imprese e mezzi. Sono i primi effetti concreti del patto criminale. Il segnale più clamoroso arriva giovedì sera: un giovane viene rapito sotto gli occhi di decine di persone e rilasciato meno di 24 ore dopo, illeso. Un’azione fulminea, teatrale, con un obiettivo chiaro: seminare paura e mandare un messaggio cristallino. Qui comandiamo noi”. Questa l’analisi del giornalista antimafia rispetto a quanto accaduto negli ultimi giorni.










