Solo i cretini non cambiano idea. E dunque tutti ci rallegriamo che l’amministrazione comunale di Ragusa abbia cambiato idea e abbia revocato una procedura sbagliata (nella foto il sindaco e il prefetto quando fu annunciato l’intervento della Prefettura sulla vicenda).
Se il castello è rimasto pubblico forse lo dobbiamo al prefetto di Ragusa e al Libero consorzio, a Nitto Rosso, quando era direttore generale, considerato che l’azione politica sollevata da molti consiglieri comunali e da alcuni deputati, trovò nella Provincia accoglienza da parte del direttore e della commissaria straordinaria del tempo Patrizia Valenti.
Ecco come andarono i fatti. Rosso sollevò la questione istituzionale innanzi al prefetto e Ranieri chiese se non c’erano alternative alla strada intrapresa da Cassì. In effetti Rosso aveva da subito posto l’accento sul fatto che il partenariato non portava alcun miglioramento dell’immobile, nessun investimento in concreto e piuttosto nascondeva ipotesi di affidamento senza gara di servizi, che potevano e dovevano essere svolti invece con evidenza pubblica, garantendo prima di tutto gli operatori locali del posto. Veniva scambiato come miglioramento dell’immobile un investimento fatto da una azienda che doveva fornire ristorazione, visite guidate e biglietteria. In effetti questo strumento che deroga e semplifica le procedure mira a raggiungere risultati ben diversi.
Cassì non ne volle sapere dell’aiuto offerto dalla Provincia e si limitò a concedere una proroga di 30 giorni sull’avviso pubblico per la manifestazione di interesse che aveva già fatto pubblicare in piena estate, per come aveva insistito il prefetto a garanzia quantomeno del rispetto di una adeguata visibilità. A questo punto la Provincia apprestò in tempi record un progetto pensando di poter competere con il privato, offrendo 5 volte di più di quello che offriva il privato, nonché una quantità di importanti miglioramenti.
Fu nominata una commissione composta da professori universitari che misero in evidenza che il progetto della Provincia era “troppo bello e forse troppo ambizioso. E dunque andava scartato. Era meglio quello del privato”. Sembra incredibile ma è vero.
Per fortuna che il trascorrere del tempo, anche solo per bocciare il progetto della Provincia, ha prodotto i suoi risultati. Sicuramente qualcosa si è mosso. Forse, e sottolineiamo forse, c’è stato anche un interessamento giudiziario, perché obiettivamente la questione è sembrata, a tutti e fin dal primo momento, abnorme. Fatto sta che Cassì ha cambiato idea, oppure hanno cambiato idea i suoi dirigenti. La decisione era già nota agli ambienti. La circolare del Ministero della Cultura del 1° agosto 2025 ha sicuramente chiuso ogni varco in modo tranciante circa la possibilità di procedere su questa strada.
Se il Libero consorzio all’epoca amministrato dal commissario Patrizia Valenti non si fosse opposto all’avviso del Comune e non vi avesse partecipato grazie alla proroga concessa sotto l’intervento del prefetto, il bando si sarebbe chiuso ad agosto del 2024. Ed oggi avremmo un castello gestito da un privato che nulla di nuovo avrebbe apportato alla struttura che è stata integralmente restaurata con fondi pubblici e che avrebbe verosimilmente trasformato il castello stesso in una grande sala trattenimenti.









