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Due bangladesi cercavano un lavoro, sono finiti in una prigione torturati da 4 connazionali

A operare gli arresti la Mobile in territorio di Vittoria: una vicenda dai contorni incresciosi

by Redazione
18 Dicembre 2025
in Apertura
Due bangladesi cercavano un lavoro, sono finiti in una prigione torturati da 4 connazionali
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Su delega della Procura della Repubblica di Catania Direzione Distrettuale Antimafia, personale della Squadra Mobile della Questura di Ragusa ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nel confronti di quatto cittadini stranieri di nazionalità bangladese, H. N. (classe 2000), A. O (classe 1991), A.R. (classe 1982) e B.S. (classe 1992) ritenuti allo stato gravemente indiziati dei delitti di sequestro di persona aggravato a fini di estorsione e tortura aggravato, delitti commessi in danno di migranti connazionali appena giunti sul territorio Italiano.

Secondo l’impostazione accusatoria, accolta dal gip, ferma restando la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva di condanna, l’ attività di indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dalla Sezione Criminalità Straniera della Squadra Mobile di Ragusa, avrebbe permesso di ricostruire un episodio di inaudita violenza accaduto nel decorso mese di settembre in territorio di Vittoria e che avrebbe visto come vittime due migranti del Bangladesh e come autori alcuni loro connazionali, regolari sul territorio.

In particolare, le due vittime, appena giunte regolarmente con decreto flussi sul territorio italiano, sarebbero state attirate con l’inganno dagli odierni destinatari di misura cautelare, precisamente con la promessa di esser condotte presso la località e l’azienda ove avrebbero potuto lavorare e stipulare un regolate contratto di lavoro, venendo invece condotte presso un’abitazione rurale nella campagna vittoriese che sarebbe divenuta la loro prigione.

I due giovani stranieri sarebbero stati infatti dapprima privati dei propri telefoni, separati e poi rinchiusi all’interno di due stanze diverse, tenuti legati, mani e piedi, anche con catene, e di poi fatti oggetto di violente aggressioni ordite con l’uso di spranghe in ferro e tubi di metallo nonché tentativi di strangolamento al fine di costringerli a contattare i propri familiari e far corrispondere loro delle somme di denaro per ottenere la liberazione.

La forza persuasiva della violenza sarebbe stata ulteriormente arricchita dalla rappresentazione dell’appartenenza degli indagati a gruppi di criminalità organizzata, in modo da aumentare il terrore delle due vittime e accelerare la erogazione delle somme.

L’aggressione avrebbe avuto la durata di ventiquattro ore di ininterrotta violenza aggravata dalla estrema crudeltà dei responsabili che avrebbero, per un verso, organizzato il collocamento delle due vittime all’interno dell’abitazione in modo che ciascuna delle due potesse udire le grida di dolore dell’altra senza sapere cosa le stesse accadendo, per altro verso contattato i familiari delle vittime per far udire le urla di dolore dei propri cari durante le selvagge aggressioni, onde fare ulteriore pressione e ottenere il pagamento delle somme richieste.

Solo ad avvenuta corresponsione del “prezzo della liberazione” (circa 20.000 euro) i due giovani sarebbero stati allontanati, sebbene scortati, con la minaccia di ulteriori aggressioni se avessero osato avvisare le Forze dell’ordine.

L’episodio, così come ricostruito grazie anche ad attività di indagine di tecnico e tradizionale, risulta assimilabile, per il modus operandi degli indagati, a quelli che questo Ufficio, in pregresse indagini, ha riscontrato come abitualmente utilizzati da torturatori facenti parte delle associazioni di trafficanti all’interno dei ghettos e delle connection houses in territorio libico ove migranti in transito, sequestrati all’interno dei predetti luoghi, avevano subito violenze (videoriprese dai propri aguzzini) onde ottenere il pagamento di somme di denaro ad opera dei familiari ubicati nelle più lontane parti del mondo: In questo caso la vicenda sarebbe avvenuta in Italia, predisponendosi un’abitazione adatta allo scopo, sufficientemente isolata e funzionalmente idonea a garantire l’agire indisturbato dei correi.

L’ordinanza emessa dal Gip di Catania è stata eseguita da personale della Squadra Mobile di Ragusa nei confronti di tre indagati, risultando il quarto allo stato irreperibile

Redazione

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