È stato inaugurato ieri, nell’ex chiesa di San Antonio Abate, il presepe realizzato dall’eclettico professor Arturo Barbante. Non un presepe tradizionale, ma una vera e propria installazione, come l’ha definita lo stesso artista, capace di interpretare con forza e lucidità i tempi che stiamo vivendo: tempi segnati da sofferenze, guerre, morti, fame e da una diffusa sottovalutazione dei diritti del prossimo.Ad aprire la serata è stato il discorso di don Salvatore Converso, parroco della Basilica di San Giovanni Battista, che ha invitato alla riflessione sulle grandi preoccupazioni che oggi attanagliano le nazioni e sulle scelte dei loro governanti, spesso autodefinitisi “grandi della terra”. Don Converso ha sottolineato come molti di essi sembrano aver smarrito gli insegnamenti cristiani della convivenza pacifica tra i popoli, sostituendosi al Creatore con ambizioni di conquista che producono conflitti, violenze e morte.
Successivamente ha preso la parola il Sindaco Francesco Aiello, che ha ribadito il profondo legame della città con la rappresentazione della Natività, da sempre capace di suscitare emozione e partecipazione collettiva. «Ma stavolta – ha affermato il Sindaco – questo presepe, più dei precedenti, mi crea emozioni forti per i contenuti e per il messaggio che contiene», ringraziando l’amico di sempre Arturo Barbante per la sua bravura e la sua inesauribile creatività.
Il professor Barbante ha spiegato le motivazioni che stavolta lo hanno spinto a realizzare un presepe diverso dai soliti.
“Rispetto ai presepi realizzati nel passato, l’ultimo tre anni addietro”- ha detto l’artista,- ho voluto rappresentare quanto accade intorno a noi e quanta sofferenza c’è nel mondo, occorre prendere coscienza e guardare la realtà, senza quel senso di indifferenza che spesso prevale e non ci fa capire i problemi reali di chi vive il pericolo e il dolore”.
L’opera si presenta come un’interpretazione contemporanea e potente del presepe, ambientata in uno scenario di distruzione e macerie. La Natività non è collocata in un contesto idilliaco, ma tra le rovine di un edificio, simbolo di un mondo ferito e lacerato. In questo scenario drammatico, la nascita diventa segno di vulnerabilità umana, ma anche di resistenza e di speranza, capace di emergere persino nei contesti di conflitto e di disastro.
Le figure, ritagliate e dipinte dal maestro Barbante, colpiscono per la loro forza espressiva e per la notevole diversità etnica e culturale, visibile negli abiti e nei tratti somatici. Particolarmente significativa è la presenza di una persona in sedia a rotelle, di una bambina con una protesi alla gamba e di due giovani abbracciati, nonostante i loro governanti si fanno la guerra; segni evidenti di un messaggio di inclusione e di attenzione verso i più fragili, i marginalizzati e i vulnerabili della società. Tutte le figure sono rivolte verso il punto focale della scena, la Natività, creando un senso di comunità e di solidarietà che trascende le differenze. In mezzo alle difficoltà, alle ferite e al dolore, emerge un’umanità che si stringe insieme, unita dalla ricerca di senso e di salvezza.
Nonostante l’ambientazione desolante, il presepe mantiene e rafforza un messaggio di speranza. La nascita diventa luce capace di illuminare anche le situazioni più oscure, offrendo una chiave di lettura profondamente attuale e “adatta ai nostri tempi”: tempi complessi e difficili, sì, ma nei quali la speranza resta viva, ostinata e necessaria.






