In Picasso troviamo un artista difficile da affrontare nella sua interezza e infatti vorrei soltanto soffermarmi sul quadro che ha aperto le porte alla modernità, non a caso Argan lo usa come copertina del suo testo L’arte Moderna, le “Demoiselles d’Avignon”.
Le “Demoiselles d’Avignon” presero vita nella mente di Picasso sicuramente negli ultimi mesi del 1906 e impostati sulla tela nel marzo del 1907; per arrivare alla versione definitiva nel luglio 1907. Picasso schizzò le sue idee formali sui fogli di ben 16 taccuini, il che dimostra una gestazione studiata e meditata e non istintiva.
L’idea madre, secondo Steinberg, per Picasso era quella di fare un quadro che esorcizzasse tutte le sue paure, ma soprattutto che lo proteggesse dalla malattia e dalla morte.
Morte che secondo il suo inconscio non poteva che arrivargli dalle donne con cui aveva avuto in tutta la sua vita dei rapporti contraddittori di amore-odio di attrazione-repulsione. Nella prima versione del quadro era rappresentato il salotto di un bordello, in cui un marinaio seduto era circondato da cinque prostitute nude, che si esponevano a lui in varie posizioni come belle statuine, mentre a sinistra vi era l’entrata di uno studente di medicina; già in questa versione era chiaro l’intento di Ricasso, cioè proiettare in modo espressivo i suoi sentimenti contraddittori verso le donne, il suo desiderio di abbandonarsi, di immergersi in una dimensione orgiastica data anche dalla presenza del marinaio e contemporaneamente la paura di contrarre malattie veneree come la sifilide, che portano alla morte, data dallo studente di medicina.
«… la sua esagerata preoccupazione per la malattia venerea e contemporaneamente il fascino che ne subiva, risulta dalle sue visita nel 1902 all’Ospedale Saint-Lazare per studiare come venivano curate le prostitute ammalate di sifilide» (1).
Nella versione definitiva delle “Demoiselles”, Picasso rinuncia al riferimento narrativo per una versione più “iconica” in cui la polarità di Eros e Thanatos assumano una visione più profonda e ampia, più universale.
In onore di questa icona, Picasso ha sacrificato tutti gli elementi narrativi della ambientazione del salottino, le figure maschili dello studente e del marinaio, ma soprattutto ha sacrificato l’aspetto umano di queste demoiselles deformandone i tratti, i colori, per avvicinarsi al contenuto simbolico che dovevano trasmetterci.
«Si può solo lontanamente immaginare la paura, lo stupore e il terrore che queste teste devono aver provocato nel 1907, data la reazione vivace che anche noi, oggi, proviamo di fronte ad esse. Questi volti “africani” esprimono molto di più, io credo, del solo carattere “barbaro” di pura sessualità, … la loro violenza allude alla Donna come Distruttrice, vestigia delle femmes fatales simbolista, esse evocano qualcosa che trascende il nostro senso di esperienza civile, qualcosa di tremendo e di mostruoso» (2).
(1) Rubin, W. Primitivismo nell’arte del XX secolo, Mondadori, Milano, 1985
(2) ivi, p.254