E’ arrivato come ogni anno l’8 marzo. Proprio ieri, ho visto un albero di mimose già fiorito e di un giallo vivo. Stonava col paesaggio grigio, piovoso e freddo, degli ultimi giorni. Un’immagine che mi ha fatto pensare a come di poetico in questa ricorrenza, non ci sia proprio niente, tutto ridotto a qualcosa di commerciale e vuoto. E allora vai con le cene e i party “trasgressivi”, con gli strip di aitanti maschioni dagli striminziti slip che ballano davanti a gruppi di donne in visibilio. Mazzi di mimose a go go come segno di gentilezza da parte del maschio di circostanza, eleganza e magari provocazione, tra le donne che scelgono il proprio look per la serata. Eserciti di donne scalmanate, che urleranno tutta la loro femminilità. Frasi pompose che rivendicano diritti conquistati e diritti auspicati. E nelle scuole, il trionfo della retorica impolverata, di attempati insegnanti, che faticano a stare al passo con quello che succede fuori dai banchi e da aule sempre più austere.
Al di là degli scherzi e delle battute, in realtà non so se tutto questo succede e in che misura. Dell’8 marzo ricordo solo che se ne parlava ogni anno ai tempi della scuola e ci si soffermava sull’aspetto sociale e storico della vicenda (che ha un senso ricordare come inizio di un percorso che ha portato la donna ad emanciparsi da concezioni aberranti. L’importante è non diventare retorici).
In una società nella quale tutto è diventato superficiale, in qualche modo consumistico, l’aspetto nobile della ricorrenza inevitabilmente si è perso e tutto è ridotto a messaggi fugaci e a qualunquismo. In ogni caso, chi crede davvero in qualcosa e vuole far sentire la propria voce non penso aspetti una ricorrenza piuttosto che un’altra ma combatte ogni giorno e magari nell’ombra, per conquistare una posizione. Insomma l’importanza della donna non si misura attraverso feste e festicciole, quello è l’aspetto goliardico della storia ma non significa niente se non c’è sostanza; e la sostanza non va e viene una volta l’anno…
E comunque se proprio vogliamo essere realisti, oggi, parlare di squilibri e uomo/donna (almeno per quanto riguarda le disparità nel mondo sociale e del lavoro e tutto quello che è legato ad esso), soffermandoci solo all’Italia, beninteso, paese ridotto al collasso, nel quale non c’è neanche la minima parvenza di meritocrazia (semmai ci fosse stata), con clientelismo, lobby e caste ovunque e a qualsiasi livello, non ha molto senso.
Mi perdonerete, ma non ho mai amato le etichette e le ricorrenze come la festa della donna, appunto, o il gay pride, piuttosto che termini come femminicidio o delitti passionali. Credo che si corre fortemente il rischio di allargare ancora di più le disparità sull’altro sesso o sull’omosessualità, e creare in generale e paradossalmente una sorta di ghettizzazione che non riesco davvero a capire cosa di concreto puo’ portare.
Sarebbe allora meglio, semplicemente, auspicare che le donne di tutto il mondo riescano a conquistare quello che veramente vogliono, che riescano a trovare la libertà di fare tutto quello che è nei loro sogni, che trovino modelli ai quali ispirarsi, che si riconoscano i tanti pregi, i tanti difetti e i limiti, come ogni essere umano, che riescano a credere veramente nella loro forza, nella loro intelligenza, se c’è; che credano di potere fare qualunque cosa vogliano e farlo incazzandosi e facendo sentire la presenza, se necessario; trovare motivazioni per festeggiare e festeggiarsi in ogni momento, magari senza troppo clamore, senza riti simbolici, sbiaditi e di circostanza; e senza retorici proclami.