Trasformare le cellule staminali ematopoietiche (quelle che danno origine a tutte le cellule del sangue) in vere e proprie fabbriche di armamenti contro i tumori: è quanto è riuscito a fare nel modello murino un gruppo di ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e dell’Istituto Telethon per la terapia genica (TIGET) coordinato da Luigi Naldini e Roberta Mazzieri, che firmano un articolo su “Science Translational Medicine”.
Il risultato è stato raggiunto modificando la tecnica di terapia genica già messa a punto dal gruppo di Naldini, che ha consentito di ripristinare una funzione difettosa nei pazienti affetti da due malattie genetiche rare, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich. “Nel caso delle malattie genetiche, le cellule staminali ematopoietiche del paziente vengono corrette mediante l’introduzione del gene funzionante con l’uso di vettori virali (lentivirali). Nel nuovo lavoro abbiamo inserito nelle cellule staminali, con lo stesso metodo, un gene che svolge attività antitumorale nella loro progenie”.
Il gene in questione è quello per l’interferone alfa, una molecola prodotta normalmente dal nostro organismo in risposta a infezioni ma che è in grado di esercitare anche una potente attività antitumorale, il cui uso clinico era però finora ostacolato dalla elevata tossicità, se somministrato come farmaco.
La nuova tecnica permette invece di indirizzare selettivamente l’interferone alfa contro le cellule tumorali perché la sostanza viene espressa dal gene solamente in una specifica frazione delle cellule del sangue che si differenziano a partire dalle staminali ematopoietiche, i monociti/macrofagi, che sono naturalmente “richiamati” nella sede in cui si sta sviluppando un tumore.
“Una volta nel tumore, l’interferone agisce riprogrammando il microambiente tumorale da una condizione che favorisce la crescita a una condizione ostile.” spiega Mazzieri. “Questo può avvenire grazie a molteplici meccanismi mediati dall’interferone: dall’induzione della morte delle cellule tumorali e dei vasi sanguigni del tumore, essenziali per fornire nutrimento, alla stimolazione della risposta immunitaria contro il tumore”.
Nel corso di una serie di esperimenti sui topi i ricercatori hanno dimostrato che la nuova strategia consente di bloccare la crescita del tumore mammario e delle sue metastasi. Inoltre, a differenza di quanto accade di solito negli studi sul modello animale, questa volta è stato possibile dimostrare anche la sicurezza e l’efficacia del metodo nell’inibire la crescita di un tumore umano perché i topi utilizzati erano stati ingegnerizzati attraverso il trapianto di cellule staminali ematopoietiche umane modificate per esprimere interferone, così da ricreare un sistema ematopoietico tipicamente umano.
“Ora – spiegano i ricercatori – è necessario effettuare ulteriori studi preclinici volti a valutare quali tipi di tumori possano meglio beneficiare di questa terapia genica e a preparare la sperimentazione clinica che potrebbe cominciare tra qualche anno”.
Fonte: http://www.lescienze.it/