di Turi Iudice
La nuova si unisce con la vecchia…che vecchia non è più.
1693. Dopo il terremoto, la ricostruzione di Ragusa, per gli storici, fù un caso singolare, unico! Infatti diventò una città particolare, data la sua duplice struttura urbanistica, unica in tutta la Val di Noto nella storia delle rifondazioni urbane delle città semidistrutte dall’evento. Ragusa si ricostruisce su se stessa e, contemporaneamente, fonda una nuova città. Sul ripiano del Patru e già pochissimi anni dopo il terremoto il Piano del Carmine (o Patru) diventa città a tutti gli effetti, realizzando un sogno, un piano fortemente voluto dal barone Mario Leggio Schininà. Il Carmine sovrasta la parte in cui la città vecchia, a forma di pesce, si estende e la nuova città si sviluppa in maniera del tutto diversa da quella vecchia, in quanto non si tratta di un ampliamento della storica città madre ma della nascita di una nuova e moderna struttura. La nuova città è legata ed è costretta ad unificarsi alla vecchia, che vecchia non è più perché anche’essa è una città nuova che sta risorgendo dalle rovine di quella preesistente, mantenendo intatto quell’antico dualismo che si rinnova tra sangiorgiari e sangiovannari! La nuova città, lentamente, ha il sopravvento per la vivacità e l’operosità che la contraddistingue sin dalla nascita. Ragusa superiore raddoppia presto la popolazione rispetto all’altra, si estende molto velocemente con le grandi scalinate che la legano alla parte inferiore, diventando simbolico elemento architettonico. Al momento del disastro, le cronache dell’epoca parlarono di una popolazione di circa quindicimila abitanti nella vecchia Ragusa; cinquemila circa perirono nel terremoto, dei restanti metà erano rimasti nell’antica città, il resto si era insediato al Patru. La città di antichissime origini resterà stazionaria mentre la popolazione della nuova Ragusa, già al momento dell’unità nazionale, risulterà quadruplicata rispetto a quella dell’insediamento post-terremoto. Con l’unificazione delle due urbe, fra le due grandi guerre, prende consistenza la terza Ragusa, quella dei Cappuccini, l‘insediamento che si era formato al di là della cava Santa Domenica. Qui nasce la stazione ferroviaria, la grande piazza “Impero“, il ponte nuovo, la nuova architettura littoria, la città disegnata da La Grassa nel pianoro separato dalla cava Gonfalone. La zona dei Cappuccini si presta perfettamente ad amalgamarsi con le due Ragusa ormai unificate, con due ponti, il Vecchio e il Nuovo, supera di slancio la vallata Santa Domenica e si completa così la costruzione definitiva della nuova città, di una città unica, articolata in tre parti.
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