Sono sempre esistiti i capricci nei bambini…ciò che ha fatto e tutt’oggi fa la differenza è la modalità con cui gli adulti decidono di gestirli ed affrontarli. Attualmente, a differenza quindi di qualche tempo fa, sembra particolarmente “urgente” questa condizione, vissuta infatti da molti genitori come problematica.
Perché? Una delle ragioni consiste dall’essere passati da un clima familiare rigido ed autoritario, che dava pochissimo spazio e tempo ai bambini per manifestare “desideri personali o fare capricci”, ad un clima più permissivo ed amichevole. Mentre nel primo caso si dava più ordine ma meno possibilità di far uscire fuori l’individualità del bambino in quanto veniva poco ascoltato, oggi si è passati alla parte opposta del segmento educativo, con tutte quelle che possono essere le “conseguenze del caso”.
Cosa comporta essere troppo permissivi in ambito educativo?
Il “SI” del genitore al primo piagnucolio del figlio significa in realtà non prendersi cura di lui, poiché spessissimo consiste nel permettere che vengano soddisfatti bisogni non essenziali o veramente importanti; quasi sempre si tratta di semplici “minacce” all’autorità genitoriale, che viene in tal modo ben saggiata e constatata in limiti e forza dal pianto, in questo caso capriccioso ed isterico del figlio.
Cosa fare dunque di fronte al pianto incessante, teatrale e a volte imbarazzante (soprattutto quando avviene fuori casa) dei propri bambini?
Bisogna innanzitutto entrare nel processo mentale che non accontentare la richiesta in atto, quella per cui il piccolo piange, non significherà privarlo di nulla di fondamentale anzi, sarà per lui un bene.
Quali sono dunque le cose da non fare, che possono nuocere alla relazione genitori–figli ed educativamente al bambino? Ecco quelle principali:
Non mettersi allo stesso livello dei figli: ciò li manderebbe in confusione, in quanto si perderebbe il normale ruolo asimmetrico che deve esistere nella relazione fra grandi e piccini. Ciò inoltre permette di creare quel limite che non deve essere superato, educativamente parlando.
Evitare di “negoziare” o cercare di usare l’arte del convincimento: tecniche del genere fanno parte della relazione fra adulti, proprio perché i bambini non sono in grado di intendere pienamente il senso di ciò che si sta cercando loro di comunicare; lo scopo del bambino “capriccioso” è solo quello di aumentare il proprio potere sul genitore, per cui invece di lanciarsi con lui in inutili spiegazioni, è indispensabile rimettersi alla decisione presa, sarà quella che il bambino capirà ed accetterà, se autorevole.
Mai tentennare….o ritornare indietro: se il genitore ha preso una scelta, la deve portare a termine, è fondamentale dare l’impressione di avere le idee chiare e decise, e di non lasciarsi influenzare dal comportamento del piccolo. Se si pensa di avere sbagliato in qualcosa, o di aver esagerato si potrà recuperare in un secondo momento, sarebbe peggio ritrattare.
E se i capricci diventano “isterici”? A volte di fronte ad un “NO” può capitare che la reazione del bambino diventi a tratti incontrollabile e teatrale. Ovviamente la migliore tecnica per l’adulto è l’indifferenza, proprio perché lo scopo della scenata è di attirare l’attenzione del genitore e metterlo in difficoltà, il suo compito sarà quindi non cadere in questo “tranello”. Quando non è possibile attuare la tecnica dell’indifferenza, bisognerà riuscire a “contenerlo” con un comportamento calmo e portarlo in un luogo più privato affinché ritorni in sé.
E quando non si tratta di capricci, come si gestiscono le richieste dei bambini? Dopo i primi due anni di vita, con l’acquisizione di un sé corporeo e quindi di una conquista di indipendenza dalla figura di accudimento, quasi sempre la madre, il bambino inizia a sperimentarsi, cercando di andare oltre a quelle che sono le regole genitoriali.
Fin’ora ci siamo occupati di dare qualche informazione sulla gestione dei capricci, ovvero di tutte quelle richieste che non sono fondamentali e che non aiuterebbero, se soddisfatte, alla crescita funzionale del proprio figlio. Quella descritta è la Funzione Normativa Genitoriale che consiste nella capacità di dare ai propri figli dei limiti, una struttura di riferimento, una cornice coerente in cui poter sviluppare la propria personalità.
Di fronte alla richiesta di “piccoli passi verso l’autonomia”, si stimolano i genitori ad assecondare e a ben gestire queste richieste, magari facendo credere al figlio di essere il principale fautore delle sue decisioni, quando poi nella pratica sono comunque gli adulti a garantire la funzionalità della scelta.
Esempio….il nostro bambino manifesta già la voglia di decidere cosa indossare, non potendosi curare ovviamente del senso pratico di ciò. Cosa si fa allora? Gli si fa credere che sia lui a curarsene proponendogli noi stessi l’alternativa! Si preparano due o tre tipi di indumenti (vanno tutti bene ovviamente per l’adulto) e gli si chiede di scegliere fra le varianti da NOI proposte. Lui si “illuderà” di avere scelto, aumentando il proprio senso di autostima e di indipendenza, mentre noi adulti l’avremmo continuato a guidare. La pratica della scelta illusoria si può applicare in molti campi, di solito i più compromessi sono quelli delle compere dei giochi, dei cibi da mangiare, dei vestiti da indossare. Una volta acquisita diventerà un’importante alleata.
In altri ambiti, fondamentali per la sperimentazione delle sue prime autonomie, se il bambino non accetta le nostre regole o limitazioni, forse non sono state comunicate bene, soprattutto nei modi. Bisogna quindi riprovarci, stando attenti alla giusta modalità espressiva.
Capitolo punizioni: è importante ricordare che esse non hanno l’obiettivo di umiliare il bambino o di farlo sentire in colpa, ma quello di farlo riflettere sui propri comportamenti scorretti. Importante anche in questo caso la coerenza dell’adulto tra ciò che preannuncia al bambino e ciò che poi realmente fa.
Il mio contatto per i lettori: Denebola Ammatuna
denebola.ammatuna@gmail.com Psicologa, Psicoterapeuta