In Sicilia l’ultima stima del maltempo di queste ore è di 12 morti e un disperso. Fra questi morti, anche bambini. Nel resto d’Italia, la situazione è gravissima. E il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha ben pensato di farsi un selfie sorridente mentre si stava per recare a Belluno. Savolta la scelta dello staff di comunicazione del numero uno della Lega non risulta impeccabile. Almeno a giudicare dai commenti in rete. Perché il ministro si fa immortalare mentre è su un’imbarcazione a Venezia – dove ha trascorso le ultime ore, documentate accuratamente sui social – con il sorriso tipico dei selfie in vacanza. “Tuta della Protezione Civile e si parte direzione Belluno, per visitare le zone colpite da frane e alluvioni e portare i primi aiuti concreti del Governo”, scrive su Twitter. Poi l’immancabile chiosa: “Chi si ferma è perduto”. Non si risparmia neppure l’emoticon, con la faccina che strizza l’occhio, il gesto del like e l’augurio “buona domenica”. Tutto questo mentre le agenzie avevano già battuto la notizia dei dieci morti in Sicilia, numero poi salito nelle ore successive. Un vero e proprio passo falso, per lo staff comunicativo del Ministro. Sui social, i commenti sono stati feroci: “È una tragedia, non una gita”, scrivono. Un’altra utente: “Porti rispetto per i morti di stanotte in Sicilia”. E c’è chi chiede conto dei fondi europei per il dissesto idrogeologico. Dopo qualche ora, intervengono anche gli oppositori politici, con una serie di tweet di esponenti Pd contro la foto con il sorriso.
Salvini torna a twittare dal Bellunese, mentre sorvola le zone martoriate dal maltempo in elicottero con il governatore veneto Zaia. Ma stavolta smette di sorridere. E in conferenza stampa è costretto a replicare ai cronisti: “Se vai, dicono ‘perché vai’. Se sorridi, dicono ‘perché sorridi’. Io sono orgoglioso di quanto fatto dal governo”. Poi decide di esternare di nuovo sui social. Il Ministro, insomma, non si rende neanche conto di essere quantomeno inopportuno e non riesce neanche a tornare indietro e decide di continuare imperterrito con quel “me ne frego” insopportabile.