“La qualità del patrimonio edilizio della provincia iblea” è l’oggetto della seconda pubblicazione mensile del Centro studi della Cna territoriale di Ragusa. Sono state osservate, prima di ogni altra cosa, le condizioni ambientali del territorio. Per quanto riguarda la pericolosità sismica, la provincia di Ragusa è classificata dall’Ingv come zona sismica di tipo 2, cioè area dove possono verificarsi terremoti di forte intensità. Con riferimento, invece, alla pericolosità franosa e al numero di edifici a rischio frane (dato fornito dall’Ispra), l’area iblea presenta un numero significativo di edifici a rischio, uno dei più alti dell’isola. In più lo stato complessivo del territorio ibleo non è dei migliori contraddistinguendosi per un alto consumo di suolo (dato Ispra). Il territorio presenta delle criticità strutturali che si ripercuotono su un ampio patrimonio edilizio che ha bisogno di un’attenta e accurata riqualificazione, ma per avviarla serve un cambio netto di direzione, a partire dal comparto costruzioni, settore economicamente determinante in tutta l’area iblea e da oltre un decennio in profonda crisi.
“Osservando i dati dell’albo artigiani provinciale – sottolinea Giorgio Stracquadanio, responsabile del Centro studi – nel dicembre del 2017 erano attive 2.121 imprese artigiane delle costruzioni, 50 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e 450 in meno rispetto a otto anni prima. In meno di un decennio la crisi ha divorato centinaia di imprese artigiane e di conseguenza centinaia di posti di lavoro. Ipotizzando in media due dipendenti per impresa, negli ultimi otto anni, oltre gli artigiani cessati, si sono persi un migliaio di posti di lavoro. In tutto circa 1.500 famiglie non hanno più un reddito certo. A questo è seguito il blocco dei cantieri e il conseguente crollo delle vendite degli immobili. Il numero della transazioni realizzate, cioè la compravendita di immobili, dal 2004 al 2013 è franato, mentre dal 2014 tenta timidamente di risalire”. La crisi finanziaria, con la conseguente difficoltà di accesso alla liquidità e quindi ai mutui per acquistare immobili, chiede al settore un cambio obbligatorio di direzione. Infatti, accanto alla crisi sono via via emersi elementi vincolanti e oggettivi che fino a qualche tempo fa erano solo opzionali: ristrutturazione, sostenibilità, risparmio energetico, utilizzo di materiali ecocompatibili, modelli costruttivi di minore impatto ambientale e soprattutto limitazione nell’uso del suolo. Cioè, i principi della sostenibilità, nel senso più ampio del termine, sono la nuova chiave competitiva di accesso al mercato delle costruzioni, ma va anche sottolineato come nella maggioranza delle aziende non esiste ancora la consapevolezza della relazione tra concorrenza e sostenibilità. “I comuni della nostra provincia – sottolinea ancora Stracquadanio – hanno approvato Piani regolatori che vanno nella direzione opposta, hanno mortificato fino a renderli vani i Piani d’azione per d’energia sostenibile (Paes) e di conseguenza non si capisce come possano adottare i Piani di protezione civile. Ma la responsabilità non può essere addossata solo alle pubbliche amministrazioni. Le imprese, malgrado la pesante batosta inflitta dalla crisi, restano ancorate ad un passato che non tornerà più. Il territorio ci dice con chiarezza che servono imprese edili formate e qualificate nella ristrutturazione, nella messa in sicurezza, nel miglioramento energetico del suo patrimonio edilizio e nella sistemazione idraulico-forestale dello stesso. Quindi abbiamo bisogno di attività ben istruite e capaci di certificare il loro lavoro”.
Formarsi però non basta. Serve anche una forte determinazione a fare sistema, a fare rete, non solo per fare economia di scala ma anche per avere la capacità di gestire un mercato immobiliare che fino ad oggi è in mano a pochi privati. La strada della collaborazione tra imprese artigiane non è affatto facile. E’ molto complicato per questo tipo di imprese passare da un modello di mercato competitivo ad uno collaborativo, ma il vuoto economico che si è creato nel settore si può colmare soltanto creando una rete di relazioni di reciproco sostegno e di rapporti collaborativi in grado di migliorare la competitività e plasmando così un nuovo ciclo economico e produttivo.
Sempre dall’Osservatorio sul mercato immobiliare residenziale sono stati tirati fuori alcuni numeri e sono stati messi in relazione tra loro. Nei dodici comuni della provincia di Ragusa nel 2017 sono state realizzate 2.236 transazioni immobiliari. Nello stesso periodo la superficie media degli immobili venduti è stata di 104 mq, mentre il prezzo medio degli immobili, fornito da una nota agenzia immobiliare, è stato di circa 1.200 euro al mq. Il prodotto di questa relazione dice che in provincia di Ragusa il volume medio di transazione degli immobili residenziali per l’anno 2017 è stato pari a euro 277.680.790,40 euro. Insomma, poco meno di 280 milioni di euro. Una cifra considerevole. Quanto di questo corposo volume di denaro è finito nelle mani delle imprese artigiane del comparto? Queste attività sono state solo delle mere prestatrici d’opera? Domande a cui non è facile dare una risposta ma che pongono una sfida. La Cna ha l’ambizione di creare le condizioni affinché queste attività, opportunamente formate, con il loro lavoro di qualità e con un sistema capace di metterle in rete, possano avere il ruolo che spetta loro anche all’interno del mercato immobiliare del territorio ibleo.