E’ notte. Il teatro è ormai vuoto, lo spettacolo è finito, e lui, Vittorio Rindone, attore navigato, si è addormentato in camerino, ubriaco e solo. O almeno cosi sembra. Al risveglio, infatti, l’attore realizza che tutti lo hanno dimenticato. Perlustrando, però, tra le tavole buie del palcoscenico fa una scoperta: anche il suo suggeritore, Armando, interpretato dal talentuoso Rosario Marco Amato, ha dormito lì. I successi scenici sono ormai un ricordo sbiadito e a Vittorio, vecchio, stanco e disilluso, non rimane che abbandonarsi alla memoria di una carriera inesorabilmente esaurita. E’ stato questo il prologo d’avvio della straordinaria prova d’attore resa da Enrico Guarneri che, con “I grandi maestri”, ha dato il via, con uno straordinario successo, alla stagione di Teatro In Primo Piano proposta dall’associazione Progetto Teatrando. Il pubblico presente al Marcello Perracchio di Ragusa ha applaudito con convinzione la straordinaria performance di Guarneri che veste i panni di Rindone, quasi rassegnato all’idea del declino e di un vuoto interiore che solo “la bottiglia” riesce a colmare. “Una solitudine esistenziale indicativa della condizione dell’attore che vive attraverso i personaggi e quando non si immedesima in loro si ritrova solo” afferma l’attore e regista dello spettacolo Turi Giordano. Il testo, “I grandi maestri”, curato da Claudio Aprile e ispirato liberamente all’opera di Checov “Il Canto del Cigno”, è una commedia drammatica – impreziosita da momenti di esilarante comicità – e rappresenta una brillante operazione di teatro nel teatro: nell’ambito dell’azione scenica principale, Vittorio, raccontandosi, dà vita ad un excursus letterario che attraversa Verga, Pirandello e Fava. “Le opere richiamate da Vittorio – aggiunge il regista – costituiscono la volontà di Rindone che, arrivato a settant’anni, è stanco di recitare personaggi di poco conto, quasi comici, quindi ripropone i grandi autori, riscattando cosi il proprio talento drammatico”. Vittorio si sente stretto nei panni del comico, si sente squalificato dal suo stesso pubblico che lo etichetta come tale, mentre “un attore – spiega Giordano – vuole spaziare sperimentando tutto il suo spettro artistico, e lo fa non solo per gli spettatori ma soprattutto per se stesso. solo così si sente vivo”. Ogni attore paga a caro prezzo le emozioni che prova e che trasmette al suo pubblico. La vita dell’artista è costellata da incertezze e sacrifici tanto che la storia di Vittorio Rindone ne è la dimostrazione. Ciò che ha tenuto desta l’attenzione degli spettatori, oltre al pieno di risate, è la grande sensibilità artistica degli interpreti che hanno raccontato senza veli la vera condizione che li contraddistingue e ciò ha consentito loro di entrare in empatia con la sala. Ha completato il cast la brava Alessandra Falci.