E’ uscito da pochi giorni nelle sale cinematografiche italiane l’attesissimo biopic dei Queen: “Bohemian Rhapsody” e noi non potevamo perdere l’occasione di andare a vedere questo film che è stato preannunciato come un evento. Le attese, lo diciamo subito, non sono state deluse, anche se non sono mancate alcune critiche, soprattutto durante i giorni scorsi. A noi, questo film è piaciuto molto perché è visivamente straordinario e la performance dell’attore che interpreta Freddie Mercury, Rami Malek, è memorabile. Certo, ha qualche intoppo di trama ed è certamente agiografico ma nel complesso è un film che consigliamo assolutamente. Il biopic segue uno schema che potremmo definire obbligatorio: l’infanzia modesta, il trauma fondante, l’ascensione con prezzo annesso da pagare quasi sempre con una tossicodipendenza, la caduta, la redenzione a cui segue qualche volta la malattia e la morte. Insomma visto uno, visti tutti. Eppure, “Bohemian Rhapsody merita di essere visto perché regala momenti di storia della musica che difficilmente il pubblico di oggi riuscirà mai più a rivedere. Il film racconta l’ascesa musicale e personale della band britannica “Queen” e, in particolare, del frontman, l’istrionico Freddie Mercury, forse il più grande performer di tutti i tempi. A cavallo fra gli anni ’70 e ’80, Freddie Mercury, il cui vero nome è Farrockh Bulsara, figlio di una tradizionalista famiglia pakistana, si ritrova a far parte dei Queen e in breve tempo ne diventa l’anima. Così come arrivano i primi successi, arrivano anche le incomprensioni con la famiglia, i discografici miopi, gli stessi membri della band. Sicuramente, la seconda parte del film è decisamente migliore rispetto alla prima. Un difetto macroscopico di sceneggiatura, infatti, è proprio quello di aver fatto diventare la band praticamente famosa subito, senza troppe spiegazioni: ci ritroviamo, in pratica, i Queen sulla cresta dell’onda senza capire perché. Immancabile anche il momento di incomprensione con la casa discografica, che voleva cassare dalle radio il capolavoro “Bohemian Rhapsody” perché troppo lunga (la canzone, infatti, dura sei minuti, impossibile da trasmettere per le emittenti dell’epoca), e le relative critiche negative che accompagnarono l’uscita del disco che la contiene, considerato oggi uno dei capolavori della band, ovvero “Night at the Opera”, accolto in modo molto freddo. Il film mette in risalto, invece, come i Queen fossero una band decisamente atipica: hanno esplorato tutti i generi musicali dal Rock, al pop, alla dance, fino alla musica classica. Come viene specificato molto bene, i Queen sono tante cose, difficili da incasellare e per questo straordinari, proprio perché i generi esplorati durante la loro carriera sono stati innumerevoli. La seconda parte del film, tenta invece di esplorare la solitudine del personaggio Freddie Mercury e le note vicende legate alla sua omosessualità, alla frequentazione sfrenata di club, agli eccessi dovuti alla droga e all’alcool fino alla scoperta, da parte del cantante, di aver contratto l’AIDS. Molti, hanno criticato il film per non essere stato sufficientemente esplicito circa gli aspetti personali della sua vita privata. Riteniamo, invece, che la scelta artistica di non aver calcato la mano su aspetti pruriginosi e di aver soltanto accennato e fatto intuire allo spettatore una realtà che, tra l’altro, è nota a tutti, sia stata vincente e abbia evitato il rischio di farlo scivolare nel patetismo. La parte migliore del film sono gli ultimi 20 minuti: una ricostruzione fedele dell’esibizione dei Queen al Live Aid, uno dei concerti rock più famosi della storia. La performance di Freddie Mercury, da molti ritenuta una delle migliori della sua carriera, è stata riprodotta in modo fedele e fa venire voglia di mettersi a battere le mani e cantare “Radio Ga Ga” ancora oggi. L’energia, la statura artistica, il carisma e la bravura musicale di questi artisti, hanno fatto rivivere in sala un pezzo di storia che difficilmente il pubblico di oggi, abituato ad altro genere di cantanti, in un’epoca social in cui probabilmente non ci sarà più la possibilità di vedere un simile concerto, potrà mai rivivere. Vale la pena vedere il film solo per quei venti minuti finali. Non era certamente impresa facile riportare in vita un simile mostro sacro della musica e per questo riteniamo che il film sia da vedere.