Quel «fa schifo» proferito in prima serata, a proposito di una birra artigianale, davanti ai tre milioni di telespettatori certificati dall’Auditel, proprio non era andato giù all’Unionbirrai. Tanto è vero che già all’indomani del «fattaccio», avvenuto durante un dialogo della settima puntata della fiction Tutto può succedere (seconda serie) in onda domenica 1 giugno 2017 su Raiuno, l’associazione, che rappresenta circa 800 piccole aziende da non più di 200mila ettolitri di produzione annua, annunciava azione legale contro la Rai.
Due anni dopo, il magistrato Larisa Marchioretto, giudice di pace del tribunale di Milano, competente perché nel capoluogo lombardo ha sede Unionbirrai, ha dato ragione ai produttori indipendenti, condannando la Rai a un risarcimento di tremila euro, dovuto al procurato danno all’immagine e alla reputazione di chi in Italia commercializza bionde, nere e rosse sottratte ai circuiti della grande distribuzione.
Nella scena incriminata si assiste a un dialogo tra i fratelli Alessandro e Carlo Ferraro, interpretati rispettivamente dagli attori Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi.
Rilevante è la professione del primo, commerciante di bibite, tanto è vero che i due si mettono a disquisire di birre davanti al bancone di un frequentato locale notturno. Invitato dal fratello maggiore a dare un parere sulla “bionda” che gli è stata appena servita, il personaggio di Carlo conviene che è uno schifo, dando così il la a uno scambio in cui si sente poi dire, a proposito del gestore del locale: «Prima c’aveva tutte birre normali, quelle che si trovano… Poi s’è buttato sulle birre artigianali… Vatte a fidà…».