Scovarlo, mentre si è faticosamente impegnati a raccogliere mandorle sotto il cocente sole di Agosto, dà già una prima, violenta e incontenibile emozione.
Il fungo di Carrubo, com’è noto, è infatti abbastanza raro da trovare e lo si trova principalmente su alberi isolati, possibilmente lontani da altri alberi di diverso cultivar, ma costituisce un’autentica prelibatezza gastronomica, una rarità assoluta.
Lo è sempre, ma lo è, soprattutto, se incontrato in piena estate d’agosto. Il fungo di carrubo merita di essere annoverato come alimento “principe” della cucina no-global e salubre degli Iblei.
E’ sicuramente parte integrante del territorio degli Iblei, emblema stesso dell’architettura rurale del ragusano, proprio perché è un tesoro gastronomico da incontrare tra muretti a secco, masserie e ovviamente tra i carrubi.
Il fungo del carrubo deve però essere raccolto solo dopo aver verificato attentamente che nelle immediate vicinanze non ci siano alberi di ulivo e che in tutto il tronco dove esso è abbarbicato, non siano stati piantati chiodi di alcun genere.
Pare, infatti, accertato che la vicinanza delle radici degli ulivi con il carrubo, creino una specifica tossina che, pur non essendo velenosa, provoca disturbi gastrointestinali fastidiosissimi.
La presenza di chiodi sul tronco, invece, rende decisamente tossico il fungo quindi se risulta anche solo un chiodo (e in campagna non è poi così difficile) piantato nel fusto di carrubo, meglio raccogliere il fungo e distruggerlo, anche se questa azione può provocare forti emozioni, amarezza contrita e depressione per la delusione.
Quanto alla preparazione di “a funcia di a carrua“, occorre affidarsi unicamente alla tradizione e alle antiche ricette tramandate dalle donne di Sicilia.
Una delle più gettonate è sicuramente quella che prevede “lo spezzatino”. E’ molto semplice, basta aggiungere al fungo (che ha una consistenza carnosa), cipolla o aglio (a piacere), prezzemolo tritato e, se gradito, pomodoro.