Ferme nel tempo, animate da chi li guarda, cristallizzate sul cemento di uno spicchio d’Isola perdono i confini, e dagli spazi che prima nessuno osservava rimescolano le prospettive, smuovono le coscienze, catturano e sorprendono il punto di vista ad ogni passaggio. Sono le opere murali realizzate per FestiWall 2019, Festival d’arte pubblica giunto ieri al termine della quinta e ultima edizione a Ragusa: un unicum sulla scena artistica italiana, che in cinque anni, con oltre 30 interventi distribuiti fra il centro storico e le periferie, ha trasformato il capoluogo ibleo in un punto di riferimento per tutti gli appassionati di Street Art, conquistando l’interesse locale, nazionale e internazionale, e registrando ad ogni appuntamento migliaia di presenze.
Anche per quest’anno l’evento ha riunito alcuni degli esponenti più interessanti del muralismo contemporaneo, da Elian Chali (Argentina) a Case Maclaim (Germania), da M-City (Polonia) a Ciredz (Italia), da Ampparito (Spagna) a Fasoli aka Jaz (Argentina). Sei artisti per sei opere, articolate lungo le vie d’uscita della città fino alla prima fase della Zona industriale, un’area che cerca ancora di resistere alla crisi economica, reclamando una precisa identità tra fabbriche dismesse e nuove imprese, deserti di cemento e strade popolate solo negli orari d’ufficio. Ma il FestiWall, come sempre, ha proposto al suo pubblico anche altri eventi, trasversali ai cantieri murali, in un susseguirsi di concerti, dj set, workshop di disegno e poesia, mostre, dibattiti sulla street art, docufilm e Poetry Slam dal 9 al 15 settembre. Quartier generale e cuore pulsante di tutti gli incontri culturali, un impianto sportivo di recente costruzione inaugurato in occasione del Festival, lo Skate Park cittadino, teatro, sabato scorso, dell’appuntamento più atteso di questa quinta edizione: la finale nazionale di Poetry Slam organizzata dalla Lips, Lega italiana poetry slam, vinta dal 23enne milanese Emanuele Ingrosso dopo un lungo duello a colpi di versi contro gli altri 20 slammer in gara, provenienti da ogni parte del Paese.
Tanta poesia, ma anche tanta musica, con un concerto che ha lasciato il segno: l’Urban Session di Francesco Cafiso, ideata appositamente per FestWall 2019. Due ore di standard jazz e improvvisazioni in cui il talentuoso sassofonista ha intrecciato le sue note con “Traiettorie e Forme”, la prima opera (in ordine cronologico) realizzata per il Festival, dipinta dall’argentino Elian Chali sulla superfice orizzontale dello Skate Park nello stile astratto e minimale che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Un linguaggio caratterizzato dall’uso dei colori primari e dalla sovrapposizione di linee ed elementi geometrici essenziali, alla ricerca di un dialogo tra la prospettiva di chi osserva e l’ambiente circostante.
Non lontano dall’impianto sportivo, in via Palma di Montechiaro, il prospetto di una palazzina ha ospitato invece l’opera dall’artista tedesco Case Maclaim, tra i massimi sperimentatori della street art europea, fondatore della Ma’Claim Crew insieme ad Akut, Rusk e Tasso. È l’immagine di una donna, di una lavoratrice intenta a pulire una vetrata, che nel riflesso del proprio sguardo sembra intravedere un’altra realtà, riscoprendo, probabilmente, se stessa.
Il muro firmato da Case Maclaim rappresenta il ponte ideale tra il quartier generale di FestiWall e l’uscita della città, dove ha preso corpo l’opera di Fasoli aka Jaz, altro esponente di spicco del graffitismo argentino. Per dipingere il prospetto di via Generale La Rosa, Jaz si è lasciato ispirare dall’iconografia di San Giorgio, studiando l’immagine scolpita sul Portale di Ragusa Ibla e reinterpretandola in chiave laica. Nella trasposizione dall’antico borgo ibleo al palazzo di moderna costruzione, il guerriero in lotta contro il drago diventa il simbolo dell’eterna battaglia fra ordine e caos, ragione e inconscio, liberando sul cemento le opposte forze della natura umana.
L’opera di M-City si sviluppa invece all’interno dell’ex ditta Ancione, la storica industria di derivati bituminosi che sovrasta l’ingresso di Ragusa: un cantiere ideale per l’artista polacco, per il suo stile d’impatto, contraddistinto da un realismo post-capitalistico dove l’ingranaggio sovrasta l’individuo per assecondare il ciclo di produzione e consumo. Articolando i suoi stencil su otto prospetti diversi, M-City ha creato una narrazione unica in cui protagonisti, l’uomo e la macchina, sembrano fondersi insieme nello scenario lunare della fabbrica abbandonata.
A pochi chilometri dall’ex industria, sul doppio prospetto di una falegnameria, davanti al Centro di conferimento rifiuti della città, Ampparito riflette sui concetti di riduzione e riutilizzo degli oggetti d’uso comune, giocando con la prospettiva, con gli equivoci della percezione, con i rapporti di proporzione tra muro e soggetto dipinto – in questo caso un semplice righello – declinabili sul punto di vista dello spettatore. Il lavoro dell’artista spagnolo, apprezzato per il suo linguaggio ironico e dissacrante, restituisce anche un’analisi critica sulla fruizione mediatica dell’opera d’arte, destinata ad essere ridotta in scala nel passaggio dal contesto urbano in cui nasce alla foto con cui viene diffusa.
A chiudere una line up d’eccezione, la scommessa del Festival, la quota “nascosta” di questa edizione, il muro più lontano dalla città, da cercare tra le arterie stradali della Zona industriale: l’opera che Ciredz ha realizzato sul prospetto della fabbrica Brinch, azienda di materiale edile. Sospeso fra terra e cemento, paesaggio e moduli industriali, l’artista sardo ha legato le cromie della natura ai volumi artificiali costruiti dall’uomo, in una visione geometrica e astratta in cui la l’opera stessa viene inglobata nel contesto che la circonda.
Per questo quinto e ultimo appuntamento con Ragusa, il Festival ha inoltre dato spazio alla creatività territoriale, radunando i migliori esponenti della street art siciliana per una Graffiti jam coordinata da Demetrio Di Grado. Un lavoro collettivo in cui ogni artista ha avuto modo di esprimere il proprio talento.
FestiWall conclude così la sua analisi del tessuto cittadino, iniziata quattro anni fa con l’obiettivo di restituire la fruizione culturale alla sua dimensione pubblica e gratuita, attraverso un processo di rigenerazione urbana “partecipata”, contrastando, con l’arte, le logiche di espansione edilizia che hanno tagliato il legame relazionale tra spazio e comunità. Ogni intervento, ricorda il direttore artistico, Vincenzo Cascone, «ha preso in esame un tassello della città, studiando, di volta in volta, la storia, le criticità, la percorribilità e la percezione di ogni frammento. Quest’anno si chiude, ma il progetto sopravvive, sedimentato nel museo a cielo aperto che gli artisti hanno donato a Ragusa. Spetta adesso alla collettività interpretarne il messaggio, dialogando, nel tempo, con opere murali che possono ammirare ogni giorno, ad ogni passaggio».