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Home Ritratto Sociale

Il sé paranoico nella letteratura

by Redazione
23 Febbraio 2022
in Ritratto Sociale
Il sé paranoico nella letteratura
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“I paranoici attribuiscono un’ importanza enorme ai particolari più insignificanti del comportamento altrui, quelli che generalmente sfuggono alle persone normali”
– Sigmund Freud-

La paranoia è una forma di pensiero dominata da sfiducia e sospetto nei confronti degli altri e il sé dei paranoici appare vulnerabile e assoggettato.
Shirley Jackson, scrittrice gotica americana, porta con sé tutte le caratteristiche di una personalità fortemente influenzata dai traumi infantili che si sono poi manifestati in paranoie, angosce e paure.
Shirley visse un’ infanzia tormentata dalle vessazioni della madre che la definì un “aborto mancato” e la reputava inadeguata alla vita e non meritevole d’ amore. Shirley difatti non ha mai lottato per ricevere un amore sano ed una vita che la ripagasse dal dolore… le ferite dell’ infanzia hanno determinato il suo futuro in cui il marito la tradiva e in cui lei, per sfuggire al dolore, beveva guardando dalla finestra di casa immaginando una realtà che non era in grado di vivere. Aveva paura del mondo lì fuori, aveva paura di cercare oltre le tenebre, lei le tenebre voleva viverle non sconfiggerle. Quando si trascorrono i primi anni di vita nella violenza fisica ed emotiva, nell’ assenza di amore e di approvazione, ci si abitua così tanto alla sterilità delle emozioni al punto che l’ anormalità sembra normale, e quando si è adulti inconsciamente ci si ritrova sempre in dinamiche relazionali malsane, quasi come se l’ infelicità fosse l’ unico modo per sopravvivere; la felicità, anch’ essa è difficile da affrontare quando non si sa cosa sia, quando non si sa cosa voglia dire essere amati anche per le proprie fragilità ed i propri errori, quando non si sa cosa voglia dire la lealtà, la sincerità, la costanza. Ed allora anche quando ci si presentano occasioni e persone emotivamente sane, chi ha coltivato paranoia percepirà e troverà cattive intenzioni nell’ altro, sarà sospettoso, non riuscirà a fidarsi ed a credere che esiste la vita senza che essa ti prenda in giro. Ma per quanto ci si sforzi di credere, l’ anima ferita continuerà a tessere pensieri e congetture, facendo spesso stancare le persone intorno a sé, stremati dalle continue rassicurazioni e prove del proprio amore. Shirley difatti si ritroverà con un marito stremato e traditore. E questo dolore per lei è anche piacere struggente. Assoggettarsi è l’ unico modo per sentirsi viva. Soffrire è l’ unico modo per sentirsi viva. Piangere e bere, scrivere e inventare tenebre e case infestate per descrivere l’ oblìo che da dentro la divorava. Dal tepore della sua casa Shirley prendeva continuamente appunti, cercava allegorie e significati per ogni dettaglio ed è così che realtà e finzione si mescolano, ed è così che una donna non amata, non riconosciuta, abbandonata emotivamente nell’ infanzia vivrà la sua vita: non si sentirà ma sopratutto non vorrà mai essere degna di essere amata e di vivere un’ esistenza reale. Durante la sua infanzia aveva voluto credere che la madre avrebbe visto in lei quella luce di bellezza, di meritevole amore, aveva lottato da bambina con i pianti ed i sorrisi, aveva cercato lo sguardo compassionevole ma non lo aveva trovato. Così il mondo diventò un mostro da temere, un entità a cui lei non apparteneva e da cui si doveva difendere, con gli amuleti davanti alla porta di casa, con le scaramanzie, con l’ accettazione di un marito che la tradiva, con l’ accettazione che bere e umiliarsi fosse l’ unico modo per dare continuità alla sua triste esistenza ed a quella dei figli che aveva messo al mondo e che forse erano l’ unico amore sano e costante che la vita le avesse donato… ma sempre a caro prezzo: facendole vivere fasi depressive, di angoscia, di inadeguatezza: era degna di essere madre o era solo un mostro come le persone erano state per lei? Ma molto spesso le persone come Shirley sono succubi della cattiverie mentre hanno in sé moltissima dolcezza e grande capacità di amare. Se solo ogni genitore, ogni famiglia, si prendesse la responsabilità di mettere al mondo delle creature che hanno bisogno di essere guidate, comprese, amate, che hanno bisogno di crescere in un posto in cui non esiste violenza, in cui non esistono urla ne silenzi assordanti, ma solo note e dolci melodie, allora poi non ci sarebbero donne dietro il vetro della propria finestra a consumarsi ed a scrivere di mondi terrificanti. Il mondo non è un mostro, sono i mostri che spesso abitano il mondo e questo mondo così dilaniato trova spazio dentro noi.

Tags: ritratto sociale
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