A sei anni di distanza dalla prima personale torna sul palcoscenico del mondo il pittore ispicese Giuseppe Gianì (nella foto), con una seconda mostra personale allestita nelle sale del Museo Diocesano di Palazzo Landolina a Noto. Una esposizione, inserita nel programma di eventi dell’Estate netina, che segna una decisa evoluzione artistica di Gianì e l’inizio di una nuova stagione immaginifica, con 31 opere (22 oli, 9 pastelli) realizzate in un arco temporale tanto breve (l’ultimo biennio) quanto fortemente prolifico di messaggi creativi.
Nato e cresciuto a Ispica in provincia di Ragusa, Giuseppe Gianì muove i suoi primi passi da autodidatta: uno spunto artistico, il suo, lasciato a sopire per tanto tempo, rincorso nelle pause dal lavoro, poi finalmente assecondato in tutta la sua prorompenza a seguito dell’incontro artistico col maestro Salvatore Fratantonio.
Definita la consapevolezza non solo nell’uso degli strumenti del mestiere, ma soprattutto nellacapacità di muoversi nelle profondità dell’arte pittorica con la disinvoltura e la genuinità di un “eletto”, Gianì si dedica quindi all’osservazione del mondo circostante per definire i contorni del proprio mondo interiore: è lì che coglie un continuum inesauribile di chiare espressioni di bellezza, fondando fin da subito su questa la sua ricerca artistica. Cristallina e raffinata la sua capacità di fissare le emozioni nei volti espressivi che dipinge, o di catturare la luce nei profondi pastelli: “Per me l’arte è un’occasione per creare bellezza che rimanga nel tempo” – dichiara l’artista ispicese. Un binomio, bellezza e tempo, che occupa gli antipodi dell’asse della vita, la cui coesistenza riempie incessantemente il bagaglio artistico del pittore siciliano.
Dalla osservazione della bellezza, racchiusa in un volto femminile o in un tramonto ibleo, Gianì evolve quindi la sua arte verso l’impegno sociale, l’attenzione critica al mondo che lo circonda. La prima dimensione introspettiva, e l’espressione di un mondo interiore privilegiato, lascia il posto ad una visibile esteriorizzazione del sentimento pittorico: Gianì si affaccia al mondo circostante per“gridare” il suo impegno sociale, ponendo l’accento sulle storture che l’attualità propone rispetto al passato ed al futuro, tutto da costruire. Un impegno sociale che vale l‘attenzione alla tematica ambientale, alle guerre in corso, all’usura del pianeta dissanguato in ogni sua risorsa.
Gli elementi fondanti dati da bellezza e tempo ricorrono stabilmente anche in questa seconda stagione artistica, e segnano profondamente le viscere di ogni opera esposta. “La forza evocativa dell’immagine è superiore a quella delle parole: è di gran lunga più dirompente”. Gianì non ha dubbi sulla potenza della sua “arma” artistica, e decide pertanto di metterla al servizio della comunità.
Nella mostra il grido di allarme dell’artista viene declinato su 4 momenti visivi che si susseguono lungo un percorso espositivo fluido e consequenziale, che dona alla cifra pittorica il valore di denuncia. Il disagio attuale viene spesso catturato dall’occhio puro e senza filtri dei bambini: da qui lo slancio propositivo di speranza e volontà di cambiamento che impreziosisce ogni opera esposta e sancisce il messaggio subliminale visibilmente positivo suggerito dall’artista siciliano.
Con presentazione del critico d’arte Salvatore Parlagreco, curatore dell’intera esposizione, gli splendidi testi di Evelina Barone a corredo delle opere, i saluti istituzionali del sindaco di Noto Corrado Figura, la mostra avrà il suo vernissage oggi, venerdì 9 agosto alle 19,30, al Museo Diocesano di Palazzo Landolina, e si protrarrà fino al primo settembre, con orari di apertura al pubblico dalle 10 alle 12 e dalle 19 alle 23.