“Hanno tra i 10 e i 18 anni. Sono soprattutto maschi. Amano i videogiochi alla follia, li usano in media 4 ore al giorno, qualcuno arriva a 12 consecutive. Secondo gli analisti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono da considerarsi dipendenti coloro che superano le 6 ore”. Lo dice il pedagogista Giuseppe Raffa, responsabile dell’ambulatorio Antibullismi dell’Asp di Ragusa, che ha tracciato una prima analisi dei risultati del questionario somministrato a circa 200 giovani che, dal 6 all’8 settembre, hanno partecipato alla seconda edizione del “Vittoria Comics and Games”. Al festival del fumetto era presente anche l’Azienda Sanitaria, con due volontari del Servizio Civile Universale che, assieme al dottore Raffa, hanno intercettato i gusti dei ragazzi in tema di gaming. Invitandoli a rispondere al questionario online, predisposto dal Servizio Informatico e Transizione digitale dell’ASP. “Secondo la maggior parte dei giovani intervistati – dice Raffa – l’unico problema provocato dall’uso (dall’abuso, soprattutto) dei videogiochi è il sonno perduto”.
Ma perché costruire e diffondere un questionario sulle relazioni tra i giovani e i loro principali passatempi online? “Semplice, per conoscere meglio i mondi dei ragazzi – spiega il pedagogista – e avere più chance, strumenti e abilità, sia da genitori che da adulti di riferimento, per educare quei “nativi digitali” che stanno crescendo in modo molto diverso dai coetanei del passato, e sempre più soli. I videogiochi rappresentano un importante aspetto esplorativo, e nella età preadolescenziale la più importante sperimentazione di sé e delle nuove dotazioni corporee – prosegue Raffa -. In passato questa sperimentazione avveniva nei cortili, tra i campi di gioco, a scuola, oggi i videogiochi si sono diffusi anche perché hanno sostituito quegli ambiti e quelle dimensioni ludiche. Non solo. Hanno anche assunto una funzione simbolica e di messa in campo del corpo che “agisce”. Videogiocando i ragazzi digitali sperimentano loro stessi in ambienti non presidiati dagli adulti. Per loro partecipare ad un passatempo online significa affrontare imprevisti, risolverli, raggiungere mete e obbiettivi. Il ragazzo si immerge nel gioco, si dimentica del tempo, prova piacere nel proseguire all’infinito la sua performance. E’ come entrare in uno stato di trance, come se si spegnessero nel cervello di lui e/o di lei, improvvisamente, le aree responsabili delle funzioni di autoreferenzialità, riflessione e ruminazione, lasciando attive solo quelle delle percezioni sensoriali”.
“Autorevoli studi – analizza il dott. Raffa – rilevano che se usati con responsabilità i videogames, oltre a stimolare la performance, attivano precise parti del sé, quelle legate al fare, all’agire, all’attenzione, alla memoria: si parla di “decision making” e di “problem solving”. E’ altrettanto vero, e recenti ricerche lo dimostrano, che l’abuso di videogiochi provoca dipendenza, stress, aumenta aggressività e ansia, rischia di alterare il ritmo sonno veglia, come si evince anche dal presente lavoro. Tuttavia, va detto che non è lo strumento in sé a creare dipendenza e a determinare ansia, depressione, aggressività. Se usati con responsabilità e consapevolezza i videogames sollecitano l’apprendimento, aiutano a sviluppare concetto di sé e personalità, allenano memoria e cervello, possono fungere da strumenti didattici importanti, come accade in alcune università americane. Dunque non fanno male e basta. Occorre che i genitori, oltre a suggerire, anzi a dettare limiti, orari e regole, sappiano inculcare nei bambini ancora piccoli l’abitudine all’uso responsabile, consapevole, intelligente e moderato”.