“E’ un libro inchiesta su ciò che non è mai stato scritto, anzi censurato per anni, ovvero le violenze, sia sessuali che omicidi, di donne e bambine in Italia ed Europa, toccando anche un’immigrazione più integrata rispetto a noi. Sono Paesi che affondano nel colonialismo prima dell’arrivo di questa ondata migratoria degli ultimi 10/15 anni. Ad esempio, la Francia, dove migranti di seconda, terza, se non quarta generazione, perfettamente integrati, tendono oggi ad essere fortemente violenti”. E’ questo il succo del libro di Francesca Totolo, esperta in immigrazione e geopolitica, nonché ricercatrice indipendente, reporter, scrittrice, collaboratrice del Primato Nazionale e di altre testate giornalistiche, che è stato presentato all’hotel Montreal di Ragusa su iniziativa dell’associazione Area Iblea Peppe Marino presieduta da Giuseppe Iacono e dell’associazione Ragusa In Movimento, presieduta da Mario Chiavola (nella foto sotto).

Dialogando con Maria Teresa Lauretta (nella foto sotto) sulle ragioni del suo ultimo lavoro dal titolo “Le vite delle donne contano. Lola, Pamela, Desirèe, quando l’immigrazione uccide”, Totolo ha evidenziato che questi argomenti fanno parte della cronaca ma spesso non sono esposti nella maniera dovuta.

“L’integrazione che viene proposta con cittadinanza, scuola e lavoro – ha aggiunto – rischia di fare diventare queste persone più incattivite, perché nonostante gli sforzi dei genitori o nonni, molti giovani vivono ai margini, spesso auto-ghettizzati, senza inserimento nel contesto sociale”. Tra le storie più forti raccontate quella di Pamela Mastropietro, diciottenne che venne violentata e fatta a pezzi a Macerata: “Lei è una vittima dimenticata, nonostante abbia subito un delitto estremamente cruento, che coinvolge sicuramente più persone oltre all’unico condannato, diventato da richiedente asilo a clandestino perché cacciato dal centro accoglienza per ripetuti atti di violenza e spaccio. Non è stata fatta giustizia per quanto subìto dopo, quando, cioè, è stata macellata sicuramente da un professionista, non certo dal condannato, e alcuni organi non sono stati mai trovati. La mamma di Pamela è spesso al mio fianco nelle presentazioni e chiede ancora giustizia ma non riesce a far riaprire il caso, trovando un muro di gomma a difesa dall’assassino, con un sistema di protezione spaventoso a Macerata. Uno dei motivi per cui ho scritto il libro è dare voce alle vittime e ai familiari. Nel caso di Pamela tutto fu soffocato dall’atto di reazione contro gli immigrati, preso a pretesto per trascinare l’argomento sullo scontro per razzismo, dimenticando completamente la vittima. C’è una ragazza di 18 anni morta, affidata alla comunità terapeutica da dove è uscita e la madre è stata avvisata solo dopo ore”.