Dalle prime ore di questa mattina i finanzieri del comando provinciale Caltanissetta e del reparto operativo aeronavale di Palermo stanno dando esecuzione a un provvedimento di sequestro di beni, emesso dal Tribunale di Caltanissetta – sezione misure di prevenzione, su proposta formulata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta.
L’operazione, per la quale sono impegnati oltre 60 militari del comando provinciale di Caltanissetta, con il supporto di mezzi aerei della Sezione Aerea di Palermo e di diverse unità navali del Corpo, sta interessando le province di Caltanissetta, Trapani, Ragusa, Agrigento, Salerno, Pescara e paesi dell’Africa settentrionale.
La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Caltanissetta ha dato esecuzione a
un provvedimento di sequestro di beni (di I grado), emesso dal Tribunale di Caltanissetta
– Sezione Misure di Prevenzione, su proposta formulata dalla Direzione Distrettuale
Antimafia di Caltanissetta, nei confronti di CATANIA Emanuele, intesto Antonino,
imprenditore gelese storicamente attivo nel settore della pesca e della commercializzazione
di prodotti ittici, anche su scala internazionale.
Il provvedimento, eseguito dai militari del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia EconomicoFinanziaria di Caltanissetta con il supporto operativo del Reparto Operativo
Aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo, ha riguardato un patrimonio del valore
complessivo di circa 50 milioni di euro, costituito da oltre 40 immobili, veicoli, conti
correnti bancari, quote societarie, unità navali (pescherecci) e compendi aziendali,
con sedi e ramificazioni operative in Italia e Marocco.
Il sequestro trae origine da approfonditi accertamenti patrimoniali eseguiti ex art. 19 del
D.Lgs. 159/2011 – su delega della locale Procura – che hanno riguardato 45 soggetti tra
persone fisiche e giuridiche, ricostruendo un imponente reticolo societario e familiare,
nonché una sperequazione evidente tra redditi dichiarati e incremento patrimoniale
osservato nel periodo 1985-2022.
Emanuele CATANIA è soggetto coinvolto e condannato in via definitiva per associazione
mafiosa per avere fatto parte sin dai primi degli anni ‘90 dell’organizzazione criminale di
stampo mafioso denominata cosa nostra operante a Gela e segnatamente, della famiglia
Rinzivillo, articolazione territoriale della suddetta associazione, avente al vertice i fratelli
Rinzivillo Antonio, Crocifisso e Salvatore.
Inizialmente il CATANIA è stato assolto in primo grado dal Tribunale di Gela che ha restituito i beni sottoposti a sequestro penale. La Procura di Caltanissetta ha poi impugnato
l’assoluzione dinnanzi alla Corte di Appello di Caltanissetta che lo ha riconosciuto colpevole
del delitto di associazione di stampo mafioso, pronuncia confermata dalla Corte di
Cassazione con sentenza del 15.2.2024.
Si è in particolare accertato che il Catania, imprenditore gelese operante nel commercio
ittico, è stato soggetto di riferimento per l’organizzazione mafiosa ed in particolare per il
reggente della stessa Rinzivillo Salvatore, avendo egli offerto supporto per favorire
l’infiltrazione nel tessuto economico legale di attività con le quali riciclare proventi illeciti ed
operando anche in condizioni di favore grazie alla “persuasione” mafiosa in grado di alterare le regole della concorrenza di mercato.
In particolare il Rinzivillo per favorire l’infiltrazione mafiosa nell’economia legale, chiedeva
proprio a Catania Emanuele disponibilità per dar corso al commercio nel settore ittico
nell’ambito del più ampio progetto sviluppato, insieme ad altri imprenditori gelesi operanti
nel mercato ittico, di estensione del commercio dal Marocco, paese ove il Guttadauro già
operava e ove il Catania acquisiva il controllo della società Gastronomia Napoletana, società
di diritto marocchino, di cui assumeva il ruolo sia di socio che di amministratore unico.
Dato particolarmente significativo è il fatto che le indagini hanno acclarato come sia
l’ingerenza nei settori economici uno degli aspetti che più ha attirato gli appetiti
dell’organizzazione mafiosa: in particolare proprio il settore nel quale ha operato Catania
Emanuele ovvero il settore ittico siciliano, il quale è risultato essere gestito, in massima
parte, solo dai mafiosi che imponevano le loro forniture di pesce, monopolizzando
praticamente il mercato.
Le dichiarazioni convergenti di numerosi collaboratori di giustizia hanno descritto, sin dagli
anni ’80, rapporti fondati su reciproci obblighi e vantaggi illeciti tra CATANIA
Emanuele e la consorteria mafiosa gelese.
Nell’ambito dell’operazione “Terra Nuova 2” (p.p. 473/2003 R.G.N.R.), le dichiarazioni dei
collaboratori hanno delineato il profilo di CATANIA Emanuele come uomo di fiducia di
Antonio RINZIVILLO, il quale avrebbe investito i proventi dell’attività illecita di traffico
di stupefacenti nelle attività economiche dei fratelli CATANIA. Questi ultimi godevano
di “protezione” grazie ai rapporti privilegiati e di natura economica con il clan RINZIVILLO.
Nel procedimento n. 3269/2015 R.G.N.R., la Corte di Appello ha ritenuto accertata la piena
disponibilità di CATANIA Emanuele sull’intera struttura associativa dei RINZIVILLO già dagli
anni Novanta. La Corte territoriale ha evidenziato come il rapporto privilegiato di amicizia
tra CATANIA Emanuele e i RINZIVILLO abbia costituito il presupposto per la creazione
e il rafforzamento di un legame di natura molto più profonda.
Sulla base degli elementi emersi, come già sottolineato dalla Corte di Appello, risulta indubitabile l’interesse reciproco tra i RINZIVILLO e CATANIA Emanuele, quest’ultimo imprenditore di successo nel settore ittico, di espandere i loro interessi nella sponda africana del Mediterraneo, nella conduzione dei rispettivi affari, curati di comune accordo.
Il CATANIA Emanuele, come sopra indicato, è stato condannato dalla Corte d’Appello di
Caltanissetta, con sentenza del 16 marzo 2022, successivamente confermata dalla Corte di
Cassazione in data 10 luglio 2023, alla pena di anni 6 e mesi 8 di reclusione, in quanto
ritenuto partecipe dell’associazione mafiosa, capeggiata dai fratelli RINZIVILLO dai
primi anni Novanta, dai quali avrebbe ricevuto protezione e indebite agevolazioni
nell’esercizio della propria attività economica.
Molti dei beni e delle società sottoposte a sequestro sono formalmente riconducibili al
fratello del proposto CATANIA Antonino, inteso Nino, soggetto non condannato per
associazione mafiosa che è stato coinvolto nella presente operazione quale “terzo
interessato” in virtù della menzionata formale intestazione di cespiti.
La Guardia di Finanza di Caltanissetta, nel corso delle complesse attività investigative,
ha ricostruito l’intero patrimonio dei proposti, evidenziando come la capacità reddituale
ufficiale dei nuclei familiari fosse del tutto incongrua rispetto ai capitali investiti,
specie nel periodo tra il 1998 e il 2007. Gli investimenti rilevati, non supportati da fonti lecite, sono risultati essere verosimilmente frutto di disponibilità finanziarie di origine ignota, successivamente reimpiegate.
In tale contesto, fondamentale è risultato il contributo operativo del Reparto Operativo
Aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo, che ha permesso il sequestro dei
natanti (pescherecci e una barca da diporto) riconducibili alle società dei fratelli
CATANIA.
La misura, che precede la richiesta di confisca definitiva, mira a cautelare il patrimonio
accumulato illecitamente e sottrarre risorse economiche alle consorterie mafiose,
continuando il contrasto strutturale alla contaminazione dell’economia legale da parte
della criminalità organizzata.