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Anche gli infermieri dell’area iblea fanno i conti con la crisi, più della metà degli iscritti 2014 all’Ipasvi lavorano in Inghilterra

by Redazione
29 Ottobre 2018
in Politica
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La professione, purtroppo, non gode di buona salute come negli anni passati. A farlo emergere i dati resi noti questa mattina in occasione della celebrazione della giornata internazionale dell’infermiere promossa, come ogni 12 maggio, dal collegio provinciale Ipasvi di Ragusa. Ad aprire i lavori il presidente Gaetano Monsù, con il vice Vincenzo Iacono, il segretario Luigi Di Marco e il tesoriere Peppe Occhipinti. Ed è stato quest’ultimo a descrivere il quadro venutosi a creare con riferimento soprattutto al 2014. “Se il nostro collegio – ha detto Occhipinti – ha la possibilità di potere contare su bilanci assolutamente in ordine, tanto è vero che, sabato 16, inaugureremo la nuova sede in via dei Frassini a Ragusa, lo stesso non possiamo dire per quanto concerne la professione infermieristica.

I numeri parlano chiaro. Nel 2014, su 75 neolaureati che abbiamo iscritto nel nostro collegio professionale, ben 48 sono andati a lavorare fuori Italia, tutti in Inghilterra. Ciò significa che c’è un blocco delle assunzioni degli infermieri sia a livello pubblico che privato, sia a livello intraospedaliero che extraospedaliero. Una situazione complessa che fa sì che i nostri ragazzi scappino dall’area iblea. Così, non solo perdiamo professionalità ma facciamo i conti con la mancanza di quel rinnovo generazionale che era uno dei punti di forza della nostra professione. Il ricambio, insomma, non avviene più”. La giornata è stata caratterizzata anche dalla consegna delle targhe celebrative a tutti i professionisti che hanno celebrato i 25 anni di iscrizione al collegio (nella foto). Un momento speciale così come ha avuto modo di sottolineare il presidente Monsù. “Devo dire che questa cerimonia – ha spiegato – è una prerogativa del nostro collegio. Vogliamo essere vicini ai nostri iscritti ricordando, nel corso di questa giornata internazionale, il traguardo da loro raggiunto. E’ una simpatica dimostrazione d’affetto da parte nostra nei loro confronti ma anche la riprova del senso di appartenenza al collegio e al fatto che la professione sia stata esercitata sul territorio ibleo. Per un quarto di secolo, gli infermieri sono stati a contatto con la sofferenza umana, con i pazienti, con l’utenza in genere. E di certo c’è che 25 anni segnano una persona”.

Molto interessante, poi, il tema sviluppato nel corso della relazione tenuta dall’avvocato Stefano Giannone che si è soffermato sull’utilizzo dei social network nei posti di lavoro, con particolare riferimento all’aspetto della professione sanitaria. “Abbiamo presentato – chiarisce Giannone – una relazione che ha approfondito le implicazioni di carattere negativo con riferimento all’uso dei social network sul posto di lavoro. Abbiamo approfondito il significato della parola social network e quali gli ingredienti che hanno portato alla loro diffusione capillare tanto da poter definire il fenomeno odierno come virale. Alla base di tutto c’è una forte esigenza di partecipazione mentre al centro di tutto viene posto l’utente che diventa fruitore e soggetto produttore della notizia e del contenuto informativo digitale. Per quanto riguarda le estreme conseguenze, abbiamo cercato di considerare le implicazioni più gravi”. “La prima – aggiunge l’avvocato – è quella legata all’inadempimento la quale fa sì che il lavoratore si ponga in una situazione di assoluta contestabilità: viene meno la sua prestazione lavorativa, si rompe il collegamento di fiducia con il datore di lavoro il quale può decidere di rompere il rapporto che lo lega al subordinato. Poi, c’è il discorso concernente la mancata tutela dei dati sensibili che volontariamente poniamo su Internet, prestando il fianco a che gli stessi possano essere utilizzati in maniera non proprio lecita. E ancora, terzo aspetto, l’eventuale tutela del datore di lavoro, la lesione all’immagine che comporta la pubblicazione di post offensivi riferiti a chi ci dà il lavoro. Abbiamo fatto riferimento, come situazione estrema, al caso di Daniela Poggiali, l’infermiera dell’ospedale Umberto I di Lugo di Romagna che ha ritenuto divertente, sia pure per motivi a suo dire goliardici, pubblicare su Fb delle foto che la ritraevano con dei cadaveri. E’ chiaro che questo ha posto l’Amministrazione sanitaria in fortissima difficoltà e ha costretto la stessa ad agire nei confronti della lavoratrice. La quale, in questo caso, si è trovata non solo sospesa dall’attività ma anche costretta a dovere sobbarcarsi un giudizio di responsabilità civile di carattere risarcitorio perché l’azienda deve necessariamente riabilitare il proprio nome agli occhi della collettività”.

E, in proposito, il presidente Monsù ha aggiunto: “E’ chiaro che i collegi sanzionano questo tipo di comportamento. Ecco perché invito tutti i colleghi della Pubblica amministrazione ma anche quelli che operano in strutture private a utilizzare questi mezzi in maniera discreta e soprattutto a non ledere la libertà e la sensibilità dell’utente”.

Tags: collegio Ipasvicrisi economicaGaetano MonsùinfermieriPeppe Occhipinti

Redazione

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