“Sicilianamente parlando – i primi saranno gli ultimi”: è questo il nome dell’atto unico che è stato portato in scena ieri sera in piazza Duomo dal laboratorio teatrale “Teatrando” , ideato e curato da Marta Laterra e promosso dall’associazione socio – culturale Namastè, presieduta da Daniela Lucifora. Un vero e proprio omaggio alla Sicilia, una rivisitazione di quello che è il nostro essere siciliani, il nostro passato e il nostro presente. Il tutto, visto attraverso un punto di vista comico. Lo spettacolo è stato molto applaudito e il pubblico presente in piazza Duomo era veramente numeroso. Nato da un’idea di Marta Laterra che ha anche curato la regia, lo spettacolo si sviluppa come una sorta di “puzzle teatrale”. E’ idealmente diviso in due parti, anche se non ci sono stacchi o pause.
“Sicilianamente parlando” è stato rappresentato per la prima volta ieri sera ed è recitato dai ragazzi del laboratorio, mentre “I primi saranno gli ultimi” è stato già messo in scena a giugno ed è stato recitato dagli adulti. In tutto, hanno recitato allo spettacolo di ieri sera 25 persone con la partecipazione di Mario Scollo e Angela Dipasquale. Lo spettacolo si apre con Mario Scollo e Angela Dipasquale sul palco: la chitarra di Scollo accompagna i gesti della Dipasquale sulle note di una canzone siciliana.
Marta Laterra traghetta lo spettatore all’interno della pièce e fa da filo conduttore a tutte le scene. Attraverso l’analisi delle lettere che compongono la parola “Sicilia”, vengono esaminate alcune parole caratteristiche della nostra terra e del nostro modo di essere: “S”, come “Sabbinirica”, con una scenetta a supporto dell’antico saluto, “I”, lettera che si trova tre volte nella parola “Sicilia”: nello spettacolo, la lettera è indicativa delle parole “Iaddu”, intesa come la sveglia di un tempo, “Iaddu”, inteso nel siciliano moderno, riferito ad un certo modo di fare di alcuni uomini, e “Iadduzzu”, riferito alla forma tipica del pane che si faceva in casa. La lettera “C”, si riferisce alla parola “Cunti antichi”, ovvero quei racconti orali che si tramandavano in passato. I giovani attori del laboratori hanno raccontato alcuni di questi “cunti”, trasformandosi idealmente da giovani del presente a giovani del passato. La lettera “L”, come Luna: durante le notti di luna piena, molte giovani donne erano convinte di trovare marito: Angela Dipasquale, Mario Scollo e Marta Laterra, interpretano la nota canzone siciliana “C’è la luna ammienzu u mari”.
L’ultima lettera della parola, la “A”, significa “A pigghiata pi fissa” e introduce il secondo momento dello spettacolo, “I primi saranno gli ultimi” recitato dagli adulti del laboratorio. La storia, ai limiti del paradossale e davvero molto divertente, narra le vicende della “Signora Ciccina”, interpretata da Margherita Pirrotta che, seduta ad aspettare in uno studio medico non riesce mai entrare dalla dottoressa (interpretata da Luciana Cascone), perché tutti riescono a scavalcarla. Da qui “I primi saranno gli ultimi”. Pur essendo arrivata per prima, Ciccina è costretta a far passare la donna che deve dare la pillola alla suocera, il prete che è caduto “dall’altare maggiore”, una paziente con la pressione bassa, la collaboratrice scientifica che addirittura allunga una banconota alla segretaria. Arriva allo studio anche una donna affetta dal colpo della strega, nonché l’amante della dottoressa, Mario. Poco dopo arriva anche la moglie incinta di Mario che, ovviamente, si sente male quando scopre la tresca. Infine, una donna venuta dal nord che deve sbrigarsi a prendere l’aereo e riesce ad entrare prima di Ciccina perché quest’ultima si distrae per parlare con la donna delle pulizie. L’ultimo paziente a scavalcare Ciccina è “Alfredino”, il figlio della donna delle pulizie, che si taglia la mano ed entra d’urgenza. Naturalmente, il turno della povera donna non arriverà mai: la dottoressa chiude lo studio e le dice di “tornare domani”.
“I primi saranno gli ultimi” è un campionario di personaggi paradossali: quasi tutti mentono per poter entrare prima e, a parte qualche vero caso d’urgenza, nessuno ha realmente bisogno di andare dal dottore. Lo studio medico diventa il posto il cui sfogare le proprie frustrazioni parlando delle suocere, dei mariti e dei figli, facendo diventare un comune luogo di lavoro uno spaccato della società siciliana.