C’è già grandissima attesa per il quinto appuntamento del cartellone della stagione 2071/2018 al Teatro Donnafugata di Ragusa Ibla.
Protagonista delle due serate, del 9 e 10 febbraio, sarà l’attore ragusano Giovanni Guardiano che porta nella sua città un a delle ultime sue realizzazioni, I CENTO PAZZI, da lui scritta e interpretata.
Ha scritto Giovanni Guardiano de I CENTO PAZZI:
‘Qualche sera fa ho visto su youtube un breve filmato sul Maxi Processo alla mafia, quello famoso degli anni 80.
Sono siciliano: le vicende della mia bella terra, per gran parte ostaggio della mafia le conosco.
Questo materiale sul Maxi processo l’ho visto tante volte e mi ha sempre impressionato provocando pena e inquietudine.
Quella sera, di qualche sere fa, questo stesso materiale come per incanto mi A? apparso in una dimensione grottesca: temutissimi padrini si arrampicavano sugli specchi, come pupi di teatro gesticolavano, gesti e mimica sembravano fare a gara.
Citavano un destino e una ventura ingrata, sforzo enorme questi capomafia sembrare diversi bonari, ma come vulcani travestiti da umili colline, non riescono a celare del tutto se stessi.
Accesi rivoli incandescenti di minacce e cattiverie sbuffano in perenne conflitto tra il celare e l’essere.
C’era materiale teatrale, mi veniva spontaneo raccontarlo agli amici scherzarci su: forse il teatro con la sua forza deformante poteva aiutarmi a vedere i fatti con più distacco; quel distacco che mi è sempre mancato quando guardo alla Sicilia A? asfissiata dalle spire della mafia.
Ora ho voglia di essere un cantastorie!
Ho voglia di un luogo più deputato che non la cerchia degli amici; ho bisogno di un vero teatro e di un vero pubblico, di un luogo “Sacro”, per dissacrare un ambiente che sempre troppo sul serio si è preso.
Dissacrare il loro “originale” senso del sacro, togliere maschere lA? dove c’A? gioco di maschere.’
Chi ha visto l’opera, sente di aver ascoltato una favola, ‘una favola particolare e molto diversa dalle altre. Una favola che non sempre ha un lieto fine.’
Giovanni Guardiano rende protagonista la sua Sicilia, con le sue stranezze e le sue particolaritA?, attraverso una serie di personaggi che alcuni chiamano delinquenti, altri mafiosi, ma c’A? pure chi li considera eroi.
Racconta, con una favola, la storia di questa terra e dei suoi protagonisti, vestendo i panni di un cantastorie che cita fatti, aneddoti e ricordi
Solo pochi essenziali elementi di scena, fra i quali spicca la sedia coloratissima, tipicamente siciliana, assieme ad uno sgabello, una brocca e un telo, unici compagni di una interpretazione dove, come al solito, Giovanni impone il suo carisma che, magicamente, accompagna in giro per la Sicilia.
Sul palco ci sono solo pochi e semplici oggetti di scena: una sedia, uno sgabello, una brocca e un telo. Basta solo la sua presenza carismatica e la sua voce profonda e impostata per far viaggiare con la mente il pubblico fino a farlo approdare in Sicilia.
Rivedendo un filmato sul famoso maxiprocesso degli anni ’80 contro Cosa Nostra. il protagonista rimane incantato e i mafiosi, ai suoi occhi, appaiono come grandi attori, vesti elegantemente, in un’aula di tribunale,
che recitano la parte di poveri innocenti. Una parte imparata a memoria quella dei ‘bravi picciotti’, corredata da una mimica e da gesti degni dei magnifici attori del passato.
Vestito di bianco, con una rosa rossa all’occhiello,
racconta la storia di quei bravi attori e di quel grande spettacolo che è stato il maxiprocesso.
Racconta dei pentiti, dei giudici Falcone e Borsellino, dei giornalisti venuti da tutto il mondo, degli avvocatii, dei 19 ergastoli, della speranza della gente di vedere, finalmente, una Sicilia miglior, e.
Giovanni non vuole raccontare solo storie risapute, vuole lanciare un messaggio per far capire che la storia della mafia non riguarda solo la Sicilia, A? qualcosa di più di una favola locale, per raccontarla bene occorre dire la veritA?, anche con il rischio di essere considerato pazzo.
Pazzo come il pentito Leonardo Vitale che, molti anni prima di Buscetta, decise di ‘parlare’ con la polizia: Vitale non viene creduto e, preso per pazzo, si ritrova immediatamente rinchiuso in un manicomio.
Sette anni dopo torna libero e, di ritorno dalla messa insieme alla madre, viene ucciso dalla mafia.
Il messaggio A? chiaro: solo se sei pazzo dici la veritA?, se dici la veritA? devi essere ucciso.
Per riuscire a combatterla forse A? davvero necessario urlare la veritA? e, quindi, essere presi anche per pazzi. Giovanni Guardiano parla di mafia con ironia per dissacrare ciA? che, da troppo tempo, viene considerato sacro, per far cadere le maschere agli strani attori chiamati mafiosi e tentare di interrompere, finalmente, il triste spettacolo della morte.