Un clima decisamente folle, che cambia di ora in ora, con violenti temporali che provocano frane e smottamenti e, subito dopo, 25 gradi all’ombra. E se già l’allarme circa la produzione olearia di quest’anno era stato lanciato qualche settimana fa per la Sicilia, adesso arrivano anche i dati prodotti da un’indagine di “Italia Olivicola”: lsecondo queste previsioni, quest’anno la produzione italiana di olio sarà del 50% in meno rispetto allo scorso anno, ciò significa meno 430 mila tonnellate (la produzione si attesterà poco più di 215 mila tonnellate).
Ad incidere, fa notare l’Organizzazione, le condizioni meteorologiche altalenanti ed estreme che hanno prodotto danni considerevoli alle piante, tali da indurre a richiedere lo stato di calamità naturale nelle zone più colpite. Ma anche le emergenze fitosanitarie, dalla Xylella agli attacchi di agenti parassitari, come la tignola o la mosca, agevolati da un’estate lunga, calda e umida. In Puglia si registra un calo del 56% rispetto allo scorso anno, con punte anche superiori al 70%; mentre in Calabria è del 70% a causa degli attacchi degli agenti patogeni. E ancora la Basilicata perde l’85% con una produzione ridotta poco più di 1000 tonnellate; sfiora il 40% di riduzione anche la Campania, mentre è negativa anche l’annata in Sicilia (-47%) e in Sardegna (-63%). Altalenante, invece, l’andamento nelle Regioni centrali.
La Toscana, in controtendenza rispetto al Sud, segna +15%, mentre sono negative Lazio (-29%), Umbria (-18%), Marche (-39%) e Abruzzo (-12%). Andamento positivo, invece, per le Regioni del Nord grazie soprattutto al buon clima estivo in Veneto (+35%) e Lombardia (+30%). Ma un altro allarme è stato lanciato anche da Coldiretti: secondo l’organizzazione di categoria a rischio non sarebbe solo la raccolta olearia, ma l’intero patrimonio enogastronomico dell’Italia, dove si assiste a una decisa tendenza alla tropicalizzazione del clima con il moltiplicarsi di eventi estremi e una tendenza generale al surriscaldamento. Coldiretti ha effettuato la sua previsione sulla base dei dati Isac Cnr relativi ai primi nove mesi dell’anno, che evidenziano il 2018 come l’anno più bollente dal 1800, anno in cui sono iniziate le rilevazioni, e soprattutto, dopo l’allarme lanciato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC) sul riscaldamento globale. Fra le coltivazioni che rischiano di più vi sono quelle caratteristiche del Belpaese, come l’ulivo e l’uva, coltivazioni tipicamente mediterranee, che in Italia si è spostato a ridosso delle Alpi, mentre in Sicilia e in Calabria sono arrivate le piante di banane, avocado e di altri frutti esotici Made in Italy, mai viste prima lungo la Penisola.
Il riscaldamento provoca, secondo la Coldiretti, anche il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Mette a rischio, insomma, il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.