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Giovani chiaramontani all’estero: le loro storie, la loro vita (Parte I)

by Irene Savasta
9 Novembre 2018
in Politica
Giovani chiaramontani all’estero: le loro storie, la loro vita (Parte I)
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Hanno un’età compresa fra i 24 e i 34 anni, lavorano in quasi tutti i settori professionali, con una certa preferenza per il campo della ristorazione. Vivono sparsi un po’ in tutto il mondo e molti di loro un giorno vorrebbero tornare a casa: sono i giovani chiaramontani residenti all’estero. Sono in tutto sedici le testimonianze che è stato possibile raccogliere: sono giovani, tutti chiaramontani e tutti vivono all’estero o hanno vissuto per diverso tempo all’estero. Oggi, vi proponiamo le prime otto testimonianze, mentre sarà possibile leggere le storie degli altri ragazzi nei prossimi giorni. Con alcuni ci siamo messi in contatto tramite social network, con altri via mail. Alcuni ragazzi si trovano in vacanza a Chiaramonte, quindi è stato possibile incontrarli di persona.

Sono sempre di più gli italiani che ogni anno decidono di lasciare la propria casa e partire per l’estero: secondo i dati dell’AIRE, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, il 2012 ha visto un incremento del 30% di espatri in più rispetto al 2011. E Chiaramonte non fa di certo eccezione. I nostri compaesani si trovano sparpagliati un po’ in tutto il mondo: l’Inghilterra, al momento, sembra essere la meta preferita: ben sette di loro vivono in UK: sei a Londra e una a Oxford. Seguono Malta (due persone) e Brasile (due persone). Altri, hanno scelto di vivere in Germania, Francia, Ungheria, Australia e Cina. Molti di loro, non hanno quasi nulla in comune: partono da esperienze professionali completamente differenti. Eppure, qualcosa che li accomuna, c’è: molti ragazzi, infatti, hanno specificato che c’è una cosa che all’estero si trova molto più facilmente rispetto all’Italia: la meritocrazia. Questo, è un dato comune a molte risposte. Ma non tutto, ovviamente, è semplice: la nostalgia di casa, è uno dei problemi più sentiti. Molti, infatti, vorrebbero tornare, un giorno. Magari solo per godersi la pensione, come scrive qualcuno. Ma non tutti, in verità, vorrebbero tornare. Molti ragazzi sentono la mancanza del “sole” e del “buon cibo”. Altri, apprezzano la grande libertà di movimento e di idee che a volte è difficile trovare in Patria. Alcuni , all’inizio, hanno pensato di andare via dall’Italia per imparare una lingua straniera, altri per mettersi in gioco e provare nuove esperienze. Quasi tutti, si sentono realizzati in quel che fanno. Se c’è un dato che emerge leggendo tutte le testimonianze raccolte, è che tutti questi ragazzi, in ogni caso, hanno avuto coraggio: si sono messi in gioco per conoscere qualcosa di diverso e provare a farsi una vita migliore: solo per questo motivo, meritano tutta la nostra stima. Ma forse, l’unico modo per rendersi veramente conto di chi sono, cosa fanno e che cosa provano, è quello di ascoltare dai diretti interessati la loro esperienza.

LE PRIME OTTO TESTIMONIANZE: DANILO DISTEFANO, FEDERICA GULFI, ALESSIO BRACCHITTA, VITO DISTEFANO, DAVIDE DEPETRO, GIUSEPPE BERTUCCI, FEDERICA DIVITA E GIOVANNI PREVITI

Danilo Distefano, 26 anni, è un ragazzo che vive da tre anni e mezzo a Londra. Lavora come maitre di sala in un albergo e questo è il lavoro che ha sempre voluto fare nella vita: “Mi trovo benissimo e sono felice. Ho cambiato lavoro da tre mesi, prima facevo il sommelier”. Danilo, spiega che la meritocrazia all’estero è un fatto e non solo una parola vuota: “L’estero mi ha dato meritocrazia. E’ un ambiente molto più organizzato, vi è una reale possibilità di crescita e ci sono posizioni lavorative che in Italia neanche esistono. Inoltre, la formazione è pagata dall’azienda. Londra è una città che offre tutto: tempo libero, svago, spettacoli etc. Inoltre, i collegamenti sono molto più sviluppati”. Ma un giorno, Danilo vorrebbe poter tornare a casa: “Sin da quando sono andato via, l’idea è sempre stata messa in conto. Non riesco a rinunciaci. Però ci deve essere un motivo per tornare. Non mi va di mollare tutto per niente. Mi manca tanto il sole. A Londra piove sempre. Da novembre a maggio di giorni di sole ce ne sono veramente pochi”. Per quanto riguarda i rapporti umani, Danilo spiega: “Londra è piena di stranieri. Io ho stretto rapporti con moltissime persone. All’inizio è più difficile stringere rapporti con gli inglesi, perché non parli bene la loro lingua. E poi si creano rapporti meravigliosi: quando abbiamo vinto la semifinale dell’europeo con la Germania, io ero con un amico tedesco. Abbiamo visto la partita in un ristorante italiano pieno zeppo di connazionali. Poi abbiamo vinto, e lui ha festeggiato con noi a Piccadilly, dove c’è stata una sfilata. E’ stato come sentirsi a casa”.

Esperienza completamente diversa, invece, quella di Federica Gulfi: 25 anni, ha vissuto per circa un anno in Cina, prima a Canton e poi a Tianjin. Laureata in lingue e civiltà orientali a Napoli, in Cina si è occupata di gestione e management per una grande catena di alberghi. Non era questo il lavoro che pensava di fare, ma non rimpiange nulla: “Ho acquisito nuove competenze. Ho trovato questo lavoro in un hotel, visto che parlo cinque lingue. Mi hanno presa subito”. In Cina, ci sono regole molto ferree per i visti: quando quello di Federica è scaduto, è dovuta rientrare in Patria: “Fino all’anno scorso, non era così. Adesso hanno ristretto le politiche per l’immigrazione. Ma io mi sono trovata benissimo. Dico sempre che la Cina è la mia seconda casa e vorrei tornarci”. Federica racconta che per noi italiani è impossibile abituarsi a tre cose, se si decide di andare in Cina: “Il fatto che loro sputano a terra, perché nella loro cultura è un segno di pulizia. L’inquinamento, che è fortissimo, tanto da farti ammalare e l’acqua. Purtroppo non si può bere acqua corrente, solo acqua distillata”. Anche per Federica, l’estero è “meritocrazia”: “Mi ha dato la possibilità di esprimere me stessa senza paura di essere giudicata. Non so se vorrei stare per sempre in Italia, sono ad un bivio: ad esempio, a Natale mi è mancata la mia famiglia, perché in Cina non lo festeggiano. Però il 24 con tutti i colleghi stranieri abbiamo festeggiato preparando un piatto tipico del nostro Paese di provenienza. E’ stato originale. A volte, mi mancava affacciarmi dalla finestra e sentire gli uccelli che cantano. Poi ho capito che per il troppo inquinamento, non potevano esserci uccelli”. Federica, racconta anche un aneddoto divertente: “Una volta, mi hanno mandato l’olio da casa e io sono andata in un negozio occidentale a comprare una baguette. Ho mangiato pane e olio e tutti mi guardavano sconvolta”.

Alessio Bracchitta, 27 anni, vive a Budapest. Lavora nel campo della finanza e si occupa di pagamenti per società in Medio Oriente e Africa. Anche per lui, si è realizzato un sogno: “E’ il lavoro per cui ho studiato e sognavo di fare. Dopo aver fatto l’ERASMUS in Ungheria mi sono trovato bene e ho deciso di continuare dopo uno stage a Parigi. Oggi, mi trovo alla grande”. Su un possibile ritorno a casa, Alessio non sembra essere particolarmente propenso: “In Italia al momento non c’è il lavoro per me né ci sono le circostanze. Certo, mi manca la famiglia, gli amici e il cibo ma resto felice della scelta che ho fatto”.

Vito Distefano, 30 anni, vive a Londra ormai da quattro anni e lavora come Custumer Service in un wine bar: “All’inizio sono partito per imparare l’inglese e seguire nuove strade, nuovi progetti e nuove ambizioni. Mi piacerebbe un giorno poter fare in questo settore da tramite fra l’Italia e l’estero”. Anche Vito, si trova molto bene: “Mi trovo benissimo, perché ho la mia vita. La cosa veramente eccezionale sono i trasporti e i collegamenti: la rapidità e la possibilità di raggiungere in breve tempo tutti i posti che vuoi. Puoi fare tutto”. Anche Vito avverte la mancanza della famiglia e non sa se un giorno potrebbe tornare: “Oggi non so se voglio tornare, anche perché sono sempre in contatto con la mia terra. Si può dire che ho due vite parallele. Inoltre, a Londra c’è una libertà incredibile: ad esempio spesso capita di vedere gente andare a fare la spesa in pigiama e nessuno si sconvolge. A Londra sei un puntino, ma felice”.

Anche Davide Depetro, 24 anni, ha deciso di lasciare Chiaramonte e al momento si trova ad Amburgo: “Appena sono arrivato, esattamente il 16 ottobre 2013 sono stato ospitato e dall’indomani sono andato subito in cerca di lavoro. Sono stato molto fortunato perchè dopo due tentativi ho trovato lavoro dicendomi che l’indomani potevo cominciare. Ovviamente sto parlando di lavoro in campo della ristorazione. La ristorazione è il lavoro per cui ho studiato e che mi appassiona fare. In questo momento mi trovo bene”. Ma Davide un giorno spera di ritornare: “Sinceramente parlando, la mia terra non la cambierei con nessuno , ma purtroppo la situazione non è delle migliori in questo momento. Spero al più presto che cambi qualcosa nel nostro paese perché è li che io voglio vivere e lavorare , perché anche se tu stai bene nel posto in cui sei andato la tua terra non la cambieresti con nessun’ altra”.

Giuseppe Bertucci, 34 anni, invece, si trova in Brasile: “Sono qui da un anno e mezzo, svolgo vari lavori free lance, lavori inerenti i miei studi. All’estero ho avuto più opportunità di lavoro, ma ritornerò in Italia per rivedere la mia famiglia e risolvere alcune questioni”.

Diversa, invece, la storia di Federica Divita, 29 anni, che attualmente vive a Oxford. Laureata all’accademia delle belle arti di Catania in restauro e decorazione, vive in Inghilterra da due anni e sei mesi. Ma non è stato tutto rose e fiori: “I primi tempi sono stati durissimi. La solitudine, la lingua straniera e la difficoltà di trovare lavoro, era sconfortante. Ma poi ho pensato che era inutile piangersi addosso, e che tornare a casa significava fare la vita da disoccupata, così ho cominciato a lavorare gratis in un charity shop, poi ho lavorato come cameriera e barista, poi ancora come babysitter, fin quando ho iniziato a lavorare in un grosso progetto di archeologia presso il Museo Ashmolean di Oxford, dove tutt’oggi lavoro. Oltre a questo ho fondato una mia piccolissima azienda di restauro, la “Divita Conservation and Restoration Services” e collaboro con una nota ditta di Conservazione e Restauro dell’Oxfordshire. Credo di poter dire che mi sento realizzata adesso. Sto facendo il lavoro per la quale ho studiato e ho fatto sacrifici per molti anni, e mi costa ammetterlo, ma devo dire grazie a questo paese che mi ha adottata”. Ma l’Italia, resta sempre nei pensieri di tutti: “Vorrei poter tornare in Italia un giorno. Vorrei che mi dessero la possibilità di lavorare, di vivere una vita dignitosa. L’Italia possiede uno dei più meravigliosi patrimoni artistici del mondo, ed oltre a questo è casa mia. Mi manca la mia famiglia, i miei amici, mi manca il sole”.

Altra storia, invece, quella di un altro giovane chiaramontano, Giovanni Previti. 30 anni, laureato in medicina, ha deciso, nel luglio del 2012 di partire per Londra: “Per fare un’esperienza internazionale di ricerca e di occuparmi dei disturbi dell’umore, un settore che mi ha sempre affascinato. Così ho iniziato a collaborare ad un progetto di ricerca che studiava la depressione in gravidanza e nel postpartum e gli effetti che tale condizione ha sul bambino, sia a breve che a lungo termine. All’inizio non è stato semplice, i primi mesi sono stati quelli più difficili, anche se mi sono sentito subito accolto dal “perinatal team”, così si chiamava il gruppo di lavoro con a capo il Prof. Pariante all’Institute of Psychiatry del King’s College London. Una delle maggiori difficoltà iniziali è stata la lingua, nonostante avessi già studiato inglese, lavorare giorno per giorno con colleghi e pazienti in inglese non è molto semplice, ma non appena si raggiunge una certa confidenza la soddisfazione è doppia. Inizialmente la mia permanenza a Londra doveva essere di un anno, ma più passava il tempo e più mi appassionavo a ciò che facevo, così ho chiesto di poter prolungare questa esperienza di altri 6 mesi, il massimo consentito dall’attuale regolamento delle scuole di specializzazione”. Giovanni, inoltre, aggiunge: “ In confronto all’Italia ci sono molte più risorse e investimenti per la ricerca, che permettono di approfondire e specializzarsi nel proprio settore”. Restare o ripartire? Ancora non si sa: “Attualmente sono ritornato a lavorare a Catania per completare a giugno la specializzazione. Trasferirsi a Londra o rimanere in Sicilia? Penso che in entrambi i casi ci voglia coraggio, ma credo che qualcosa di buono si possa fare anche nella nostra terra”.

Tags: Chiaramontegiovani

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