Inopinatamente collocata al terzo punto della seduta del Consiglio Comunale di lunedì 20 gennaio, l’approvazione del Regolamento per l’Istituzione del Registro amministrativo delle Unioni Civili ha dovuto sottostare ai tempi lunghi del dibattito consiliare che hanno consigliato il rinvio alla prossima convocazione del civico consesso.
Senza voler entrare nel merito delle posizioni che, come prevedibile, si annunciano contrastanti sul tema unioni civili, si preannuncia un dibattito appassionante e coinvolgente che riscatterà sicuramente il livello a tratti non esaltante degli interventi che si riscontrano in Consiglio Comunale, spesso ispirati dalle peggiori forme di contrapposizione politica che nulla recano di positivo al bene della comunità e alla produttività dell’assise.
Già all’inizio di ottobre la Giunta Piccitto aveva approvato lo schema di regolamento per l’Istituzione del Registro che arriva, finalmente, in Consiglio per l’approvazione.
Occorre dire che si tratta del successo di una iniziativa del Movimento Partecipiamo che si fece promotore, nel mese di maggio dello scorso anno, di una raccolta di firme ufficiale per sollecitare il Comune, ai sensi dell’art 8 dello Statuto, a dare seguito alla petizione popolare.
Invero l’Istituzione del registro delle Unioni Civili non faceva espressamente parte del programma del Sindaco Piccitto, ma va ascritto a suo merito il fatto di aver concretizzato, con il recepimento della petizione, l’integrazione dei programmi elettorali derivante dal sostegno offerto al ballottaggio dal Movimento Partecipiamo del candidato sindaco Giovanni Iacono, poi eletto Presidente del Consiglio comunale.
Causa naturale di accesi contrasti fra le diverse anime del paese, il riconoscimento amministrativo delle cosiddette ‘coppie di fatto’, che in ambienti cattolici viene considerato ‘una forzatura giuridica’, costituisce, per taluni ambienti progressisti, il viatico per far uscire la questione delle unioni civili da un medioevo dei diritti.
Si cerca di fare di una questione di diritto una questione ideologica, che tale rimane dal momento che, per esempio, in sei municipi della città di Roma si sono avute solo 50 iscrizioni in otto anni.
Il registro non ha valenza giuridica, ma solamente amministrativa e vuole colmare il vuoto normativo che riguarda le unioni di fatto, indistintamente per quelle di sesso diverso e fra soggetti dello stesso sesso.
Interessante la lettura della proposta di deliberazione approvata dalla Giunta Municipale, che fa riferimento ai principi statutari del Comune e contiene collegamenti alle norme costituzionali e a sentenze della Suprema Corte. Il Regolamento si compone di 6 articoli; ai punti 3 e 4 dell’art 2 viene specificato che il Comune provvede, attraverso singoli atti e disposizioni dei settori competenti, a tutelare e sostenere le unioni civili, al fine di superare situazioni di discriminazione e favorirne l’integrazione e lo sviluppo nel contesto sociale, culturale ed economico del territorio, segnalando le aree tematiche entro le quali gli interventi sono da considerarsi prioritari, casa, servizi sociali e sanità, politiche per i giovani, anziani e disabili, sport e tempo libero, formazione, scuola e servizi educativi, trasporti, diritti e partecipazione.
Le “Civil partnership”, come vengono chiamate in ambienti internazionali in cui il riconoscimento delle copie di fatto è ormai accettato dalla società civile, molto probabilmente saranno oggetto, in un futuro molto prossimo, in Italia, di apposite misure di legge che tuteleranno le unioni distinte dall’istituto del matrimonio.
Attualmente sono circa 150 le città che si sono dotate del registro, Catania prevede di farlo prima dell’estate, segnale del fermento che vive la Sicilia in termini di riconoscimento dei diritti civili.
Nella nostra città si considera scontata l’approvazione da parte del Consiglio Comunale, considerata la maggioranza che sostiene la Giunta municipale, visto anche che, come, avvenuto in altri centri della penisola, per esempio Viterbo, non si sono levate voci di condanna per l’iniziativa né da parte delle istituzioni politiche e religiose, nè da parte di associazioni cattoliche, culturali e sociali.