Se esiste una petizione in favore dell’istituzione del registro delle unioni civili, ne esiste un’altra, non contro, ma in favore di una “una ampia e generale riflessione e di un adeguato confronto pubblico che coinvolga la cittadinanza in tutte le sue espressioni e le sue sensibilità”.
La questione, come dicevamo ieri, è spinosa, ma non tanto se è giusto o meno paragonare la coppia di fatto, sia etero che omosessuale, alla famiglia tradizionale (chi scrive è favorevolissimo, ma è solo la mia opinione), ma che senso ha farlo quando non esiste una legislazione in materia. “Le implicazione in tema di status delle persone – così come si legge nella petizione – interferirebbero con la vigente legislazione in materia anagrafica e di stato civile, ciò anziché risolvere rischia di creare nuove discriminazioni, in questo caso a danno della famiglia, in quanto titolare di diritti e di doveri di fronte alla legge”, cosa che non può accadere con le unioni civili, in quanto non regolamentate dalla legge.
Ma la petizione pone anche un’altra questione non propriamente sottovalutabile ossia, in base al regolamento sulle unioni civili contenuto nella proposta di Giunta, l’iscrizione nel registro, e quindi l’acquisizione dello status di coppia di fatto, avviene tramite la sola domanda di iscrizione, non si fa menzione, ad esempio, dei tempi minimi di coabitazione né vi sono espressi criteri certi per verificare l’effettiva coabitazione della coppia o dell’esistenza di legami affettivi, come espresso nell’articolo 2 di tale regolamento.
Se questo è ineccepibile è l’ultima parte a destare qualche perplessità, in quanto esula dal dibattito in sé e critica la celerità con cui il Consiglio si vuole occupare di codesto argomento, visto che il tessuto sociale soffre di ben altre necessità. Innanzitutto la crescente insufficienza del reddito familiare, un’imposizione fiscale crescente, la precarietà, la disoccupazione dei giovani e dei meno giovani, ma anche la crescente richiesta di sostegno alle funzioni genitoriali ed alla vita di coppia, la difficile armonizzazione dei tempi del lavoro e dei tempi della famiglia, l’urgenza della ricostruzione di alleanze educative, solo per citare alcune delle questioni ricordate dalla petizione.
Certo nessuno mette in dubbio l’esistenza di una scala gerarchica nelle tematiche che riguardano la società, nessuno, credo, vuole anteporre l’istituzione del registro delle unioni civili agli argomenti appena citati. E’ anche vero, però, che gli organi istituzionali, a qualsiasi livello, sono perfettamente in grado di occuparsi contemporaneamente di diverse problematiche, magari con differenti priorità, per così dire, con un diverso peso specifico. Non è detto che un ordine del giorno impedisca, in questo caso al civico consesso, di occuparsi d’altro, magari se ciò accade la causa andrebbe ricercata altrove. Ma il problema, come già dicevamo ieri, è che questo registro non ha una valenza giuridica e che la sua istituzione o semplicemente la sua contemplazione ci rimanda a questioni ideologiche nonché filosofiche.