Ettore Pinelli è un artista siciliano, che nonostante la giovane età ha già fatto molte esperienze e raccolto molti consensi tra critici e semplici appassionati. Un artista che riesce (e cattura per questo) a manipolare la realtà e farne qualcosa di maggiormente personale e ideale. Fino al 15 marzo sarà ancora possibile visitare la sua personale a Modica, al Kaos Spazio d’Arte (via Nazionale 20). In questa intervista Pinelli si racconta e rispondendo a qualche domanda, forse riesce ad aprire uno spiraglio verso quello che ispira i suoi quadri.
Ettore, parliamo subito della tua personale che sarà a Modica fino a marzo. Cosa troverà chi viene a visitarla?
Certo, una serie di sei tecniche miste su tela intitolate “Study for a multiple portrait”, una serie di sette pastelli su carta velina intitolata “Study for a possible composition”, due grandi oli su carta intitolati “I know where the problem is (Composition 4 e 5), due lavori digitali stampati a colori su carta baritata intitolati “Red body the hand and the dog(s) e Figure B, ed infine un lavoro modulare su tre piccole tele lavorate a tecnica mista, intitolato “Modular dog”. Sono tutti realizzati tra il 2012 e il 2013, quindi abbastanza recenti.
Nella tua arte, nei tuoi lavori, si nota per certi aspetti molta irrazionalità ma nello stesso tempo molto ordine: è una cosa voluta, studiata in qualche modo o viene naturale?
Sì, esistono degli aspetti notevolmente contrastanti nel mio lavoro, è uno dei punti di forza del mio lavoro, della mia ricerca, riflette in un certo senso una aspetto precario della condizione umana, la ricerca di un equilibrio, sottile.
Posso dire che esiste una volontà ben precisa nel voler ricercare questa condizione, ma allo stesso tempo è naturale ed autonoma nelle modalità in cui si manifesta. Il ricercare la naturalezza delle cose, è sinonimo di vitalità senza condizionamento alcuno, nel lavoro come nella vita è un aspetto fondamentale.
Il tuo modo di creare sembra che abbia come obiettivo principale lo scomporre quella che è la realtà per crearne una nuova, magari più personale. Quanto le tue opere raccontano di te e quanto sono invece universali?
Le mie opere raccontano se stesse, non avrei mai la presunzione di raccontare attraverso il mio lavoro della mia persona in maniera diretta, ne tantomeno indiretta. Le immagini che creo hanno come punto di partenza la realtà, ma sono autonome, o universali se vogliamo utilizzare il termine che hai usato tu. C’è anche la possibilità che affiori in superficie il dato emotivo, individuale, ma anche in questo caso non ci sarebbe modo di poter darne una definizione, solo una sensazione, una vaga percezione.
Ci sono messaggi che vuoi dare attraverso le tue creazioni?
In realtà no, assolutamente no, non ci sono messaggi, nè intenti narrativi, è tutto svincolato. Non è detto che chi fruisce l’opera, però, non percepisca un qualcosa, non gli arrivi un’illuminazione sullo stato attuale delle cose, considerando che l’arte riflette la società in cui viviamo. Ma per certo, non è qualcosa che prendi in considerazione nell’atto creativo, quando lavori, fai capo ad una serie di riflessioni, valutazioni e intuizioni, che sono le uniche cose che ti accompagnano.
Come vedi lo stato dell’arte in Italia? Tu che comunque sei giovane anche se il tuo curriculum è già ricco…
Non è una domanda semplice…l’arte in Italia, ha avuto sempre un ruolo fondamentale, educativo e formativo, nonostante la grande attività portata avanti fino adesso degli enti pubblici e privati, non sembra gli sia dato il giusto riconoscimento, siamo davanti ad un futuro ermetico e diseducativo, incerto per certi versi. Ne pagheranno le conseguenze le future generazioni, è inevitabile. Chi è giovane come me, nonostante le difficoltà, lavora attivamente, e cerca di non farsi sopraffare dagli eventi, dimostrandosi presente, propositivo, disponibile.
Vieni dall’accademia ma la tua arte è molto pop (se mi passi il termine), quasi una contraddizione. Cosa deve dare l’arte per essere definita popolare?
Non definirei il mio lavoro molto pop, perlomeno non adesso, forse in passato. Venire dall’Accademia, non vuol dire avere una formazione classica, anzi, ti permette di assorbire parecchio, di farti contaminare, di tessere le prime relazioni interessanti, quindi, di aprirti uno scenario abbastanza vasto e disomogeneo che, poi, in base alla tua sensibilità, ti porterà ad avvicinarti a qualcosa piuttosto che a qualcos’altro. L’arte per essere definita popolare non deve essere eccessivamente intellettualista, deve essere rivolta più al mondo esterno, agli stimoli che arrivano da fuori, per arrivare in maniera più diretta e senza filtri di significato ad un pubblico maggiore. Quindi, deve essere percepibile in maniera rapida.
Cosa significa per te sperimentare e cosa significa far riflettere la gente attraverso le tue opere ma direi anche attraverso l’arte in generale (che sia musica, pittura, letteratura)?
La sperimentazione è un atto che porta alla crescita e all’acquisizione nel tempo di tecniche che diventano un carattere distintivo del proprio lavoro. Posso scrivere altri termini che per me sono collegati alla sperimentazione tecnica: errore, caos, intuizione, casualità, stimolo, naturalezza, violenza, determinazione, distruzione ed infine creazione. Vuol dire tutto.
Attraverso le varie forme d’arte, più che far riflettere, si aprono degli scenari, che accrescono le nostre personalità, le forgiano, le stimolano, e le potenziano, le portano alla riflessione. Il significato è da ricercare in ognuno, non è oggettivo.
info: www.ettorepinelli.com