di Turi Iudice
La nuova si unisce con la vecchia…che vecchia non è più
Mentre la città nuova si sviluppava sempre più, ci sembra giusto ricordare anche cosa succedeva nell’antico centro di Ragusa inferiore. Quando si cominciò a costruire la nuova città, la gente minuta, i braccianti, gli ortolani, tutti quelli legati alla nobiltà, ai baroni, timorosi dell’avventura del Patro, si insediarono all’interno del circuito del castello. Il centro del paese si spostò. Piazza Maggiore (oggi piazza Pola) si rimpicciolì e il nuovo centro del paese divenne il piano di San Giorgio.
Il partito nobiliare chiamò a Ragusa Rosario Gagliardi, la personalità siciliana più originale nel variare l’uso delle superfici e dei volumi, quell’artista che si firmava “ingegnere della città di Noto e sua Valle”. I Sangiorgiari così rilanciarono la maggior raffinatezza nei confronti dei più grossolani e rozzi Sangiovannari. Quest’ultimi, infatti, avevano costruito sul Patru un tempio enorme (inizialmente concepito ancora più grande) San Giovanni Battista; certo massari e zotici qual erano, probabilmente pensavano che il buon gusto si misurava a chili. Se a Ibla si riprendeva l’uso della costruzione dei palazzi nobiliari solo sulle strade principali, soprattutto sulla strada maestra, detta la “Piancata”, a Ragusa superiore, la polis si sviluppava attorno alla sua Cattedrale. Man mano che ci si allontana da Santa Maria delle Scale i palazzi del quartiere nuovo hanno, infatti, un aspetto ben diverso da quelli di Ibla. Mentre i mascheroni di palazzo Bertini richiamano ancora i mensoloni di palazzo Cosentini e di palazzo La Rocca, poco distante palazzo Melfi (oggi meglio conosciuto come palazzo Zacco) assume più l’aspetto di un casino di campagna che di un palazzo di rappresentanza, come l’altro villino, all’altro estremo del paese, lungo la stessa via (oggi corso Vittorio Veneto), vicino alla chiesa dell’Angelo Custode, costruito dagli Schininà. A fine settecento le case degli abitanti di modeste condizioni, a Ragusa superiore, erano già arrivate all’altezza di via Mario Leggio; il tracciato delle strade è a grandi quadroni, tessuto che, purtroppo, viene abbandonato dalla via Felicia Schininà in sù. Dall’altro lato della città, in contrada Cucinello, al di là del ponte Scopetta, crebbe un altro quartiere attorno al Convento dei Padri Cappuccini, realizzandosi così un altro centro di aggregazione urbana. Nel 1856 le cronache riportano una popolazione, a Ragusa, di circa 24.000 abitanti, di cui 6.000 a Ragusa Ibla. Mentre Ibla rimase stazionaria anche negli anni seguenti, Ragusa superiore continuò a crescere, arrivando ad avere, ai primi del 900, una popolazione superiore ai trentamila abitanti. Con l’avvento del fascismo arriva la prima vera svolta per la città che si ritrovò, grazie a Filippo Pennavaria, nuovo capoluogo di provincia. Il presupposto indispensabile, che era l’unificazione dei due comuni, fu realizzato con il consenso della nobiltà e della borghesia di Ibla, che per la prima volta si ritrovò dalla stessa parte dei “massari“ che, con tempestività e forte decisione, avevano optato sin dalla prima ora per il fascismo.
Così a fine anni venti la città si allargò in modo considerevole, al di là della vallata Santa Domenica, specialmente con la costruzione del secondo ponte, il Ponte Nuovo, che dava sul quartiere “littorio” esattamente su piazza Impero, oggi piazza Libertà. E le opere pubbliche, nel quartiere Littorio, continuavano con la nascita dell’Ospedale Benito Mussolini (ospedale Civile), il sanatorio ospedale G.B.Odierna, piazza Stazione, le palazzine I.N.C.S., seguendo le direttive del progettista del piano regolatore La Grassa, a cui si devono i fondamentali di tutta quell’area. Mi piace ricordare come già allora il La Grassa aveva previsto una funicolare per collegare il quartiere ibleo al centro della città nuova, oltre ad una circonvallazione su cui è stata poi ricalcata quella attuale. L’apertura della strada interna si completò nel 1931, sventrando un’innumerevole teoria di catapecchie di vicoli e scalinate tortuose, risanando così “un vecchio, rovinoso e miserabile quartiere”, come ebbe a commentare il Gurrieri, in una monografia sulle opere del regime. Ma venne aperta anche un’altra strada esterna, lungo il San Leonardo, la strada di San Rocco, che davanti al cimitero di Ragusa superiore si parte e raggiunge l’attuale piazza degli Archi. La città cambia pelle, la vera classe del fascismo sono gli impiegati, mentre i massari, delusi e danneggiati dalla nuova politica del regime, cominciano a prendere sempre più le distanze dal fascismo. A Ragusa è l’epoca della maestranza e della piccola borghesia, ceti entrambi malvisti dal massaro che finirà lentamente per perdere la predominanza territoriale ed economica detenuta fino a quel momento.
continua…
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