Non vi parlo della questione femminile, ma vi voglio raccontare una storia di donne.
Questa estate m’è capitato di andare a far visita in un centro di lavorazione di prodotti orticoli. Appena sono entrato mi sono un poco imbarazzato perché erano tutte donne. Molte sorridevano, qualcuna bisbigliava qualcosa alla sua compagna. I movimenti lesti delle braccia che muovono i pomodori sul nastro di lavorazione agitavano la scena, e le facce non apparivano. Tenevano gli occhi bassi e nascondevano la loro femminilità sotto un fazzoletto o sotto un cappellino da lavoro.
Scruto un po’ dietro gli occhiali ed intanto parlo con il proprietario che mi mostra l’impianto e mi fa vedere la qualità della merce, fino a quando non mi imbatto in una ragazzona alta, completamente vestita di nero, coperta in viso e sui capelli. Certamente orientale, islamica, forse afgana, moglie o figlia di talebani, così mi viene raccontata dal proprietario, mentre lui stesso capisce la mia curiosità.
In effetti era una persona che avevo già notato. Ma da quel giorno ci feci accura ancor di più.
La giovane donna infatti sotto il sole cocente e con 40 gradi, scendeva da Ragusa in bicicletta, bardata di nero, e coperta dalla testa ai talloni. Anche gli occhi erano coperti e come guidava lo sapeva solo lei. Già, scendeva perché il magazzino era vicino Marina di Ragusa.
Ma lo spettacolo era quando dopo 10 ore di lavoro senza sosta, la poveretta, sotto il caldo ed il sole del pomeriggio se ne doveva tornare a casa. La incontravi sulla provinciale per Marina di Ragusa, mentre seduta, stretta al manubrio con una spalla davanti all’altra, premeva sul pedale, e grondava sudore. Coperta, senza scoprirsi neppure gli occhi, e pedalava. E non era certo una bicicletta con tanti marchingegni moderni. Forse aveva le marce.
Volevo offrirle una bottiglia d’acqua, ma chi la ferma ad una così. Magari pensa che ci sto pure provando. Ma non ho smesso di pensare a questa scena. Mi sono ricordato di un tizio che mi aveva chiesto un aiuto economico e che alla mia proposta di aiutarmi a pulire il pomodoro mi rispose che non poteva venire a lavorare da me perché non aveva la macchina. E quella povera meschina sotto il sole e tutta bardata che si fa 50 km in bicicletta tutti i giorni per andare a lavorare?
In questo giorno un poco strano, che di storie ne dovrei raccontare altre, voglio pensare a questa ragazza, alla sua forza, alla sua tenacia, al fatto che non si arrende davanti alle difficoltà, alla dignità con cui ha sopportato la sua condizione, alla fedeltà rispetto ai suoi principi, giusti o sbagliati che siano.