“Baby squillo”: ragazzine di 14 anni o anche meno che si prostituiscono, per soldi, regali griffati, ricariche telefoniche, con altri ragazzi e spesso anche con adulti.Si mascherano da donne adulte, si atteggiano da abili seduttrici, marcano occhi e labbra con un trucco eccessivo e ondeggiano su tacchi vertiginosi, coperte da abiti succinti.
E non si tratta di bambine di famiglie disperate, ma di ragazze istruite e benestanti che frequentano scuole private e vivono in quartieri di lusso.
Vivono un’età di confine tra l’infanzia e la piena adolescenza: le bambine prendono la forma di giovani donne, ma portano ancora in sé i tratti inviolati dell’immaturità infantile; forse la loro massima bellezza consiste proprio nell’essere donne e bambine insieme: sono belle della propria giovinezza. E sono vulnerabili più che in ogni altra fase della vita: non più protette dall’inconsapevolezza infantile e dallo sguardo dei genitori, non sono ancora capaci dell’arroganza dell’età adulta. La loro vulnerabilità dovrebbe renderle particolarmente preziose agli occhi della generazione adulta, se una generazione adulta esistesse davvero, una generazione capace di assumersi le proprie responsabilità: prima di tutto occuparsi della crescita delle nuove generazioni.
Ma in un mondo che va facendosi sempre più privo di senso assistiamo alla scomparsa degli adulti e con loro scompare anche l’invisibile rete di protezione intorno alle preadolescenti, ai loro corpi di bambine e nello stesso tempo già di potenziali madri. Eccole diventare oggetto di desiderio sessuale, perché l’incapacità di essere adulti rende incapaci di vederle come figlie, e mette in luce solo il fatto che il loro corpo è attraente come quello di una donna e insieme è un luogo ‘sospeso’ nel quale immergersi per un bagno di giovinezza, un perverso e irresponsabile spazio ludico, ben diverso dall’incontro con donne adulte, vissute spesso come troppo esigenti, pericolose e frustranti anche piano sessuale.
La ricerca dei corpi di giovani adolescenti è un fenomeno noto da tempo sotto forma di turismo sessuale verso i paesi più poveri, ma nuovo e preoccupante è il fatto che a questa richiesta maschile faccia sempre più riscontro un nuovo tipo di offerta: quella di giovani ragazze che decidono spontaneamente di mettere il proprio corpo in vendita come se fosse un gioco. Il corpo, per loro, non è identità ma oggetto: possono usarlo senza sentirsi in colpa, scambiando cose con cose. Ne ricavano spesso un senso di potere e di controllo, perché è eccitante essere tanto desiderate e ricercate, e monetizzare il proprio valore sembra renderlo più oggettivo. Del resto, queste bambine crescono in una cultura in cui il sesso è sempre di più solo gioco e libera espressione di sé: ciò che conta è che non porti conseguenze pericolose come malattie o gravidanze; per il resto, se si tratta di gioco, ognuno può giocare come vuole.
I bambini di oggi, rispetto al passato, godono in generale di maggiore cura e attenzione, ma tali attenzioni assumono il carattere di un investimento narcisistico, in cui l’adulto dà grande importanza al loro aspetto fisico e si compiace per la loro bellezza. Manca forse l’attenzione reale di genitori troppo occupati e distratti per dare tempo e ascolto nella misura necessaria. I rapporti passano allora soprattutto attraverso le cose, talvolta sovrabbondanti, senza che tra i genitori e figli si stabiliscano relazioni vere e profonde, fatte di scambio e confidenza, ma anche di sani conflitti, scontri e confronti necessari per crescere. Le relazioni si fanno a-conflittuali ma asettiche, spesso formali, come convivenze tra estranei.
L’emergenza educativa è reale e indispensabile, anche in questo campo. Per affrontarla, non basta forse solo il ricorso a progetti di educazione sessuale sempre più pressanti e invasivi, ma è invece indispensabile riaffermare con forza che la sessualità umana è prima di tutto relazione: relazione tra persone e non tra organi sessuali, relazione basata sull’affetto reciproco e non reciproco anche se piacevole uso. Violenza e mancanza di rispetto originano sempre dall’incapacità di vedere l’altro come persona, con tutto ciò che questo comporta.
Se il sesso è slegato da ogni responsabilità e vissuto solo nelle sue valenze affettivo-biologiche, anche il più profondo e intimo dei contatti umani finisce per diventare solo un atto di estrema solitudine.