di Turi Iudice
Come accadde un po’ ovunque, anche a Ragusa il dopoguerra fece registrare un periodo di regressione in tutti i campi. La stragrande maggioranza dei cittadini era ancora legata all’agricoltura e, in minima parte, ma non irrisoria, all’industria. Nel 1953 avvenne quella che, a nostro avviso, fù una svolta epocale per la città di Ragusa, improvvisamente investita da un vento di modernità e di aspettativa che cambiò radicalmente la cultura, i costumi e le abitudini dei ragusani, avvicinandoli prepotentemente ai cittadini delle grandi città italiane, sprovincializzandone mentalità e condotta. Ci stiamo riferendo alla decisione, della Gulf Oil del New Jersey, di estrarre il petrolio dalle campagne locali, dopo la positività riscontrata in un saggio a circa duemila metri di profondità in contrada Pendente. A Ragusa, è bene ricordarlo, esisteva già una discreta industria estrattiva, quella legata all’A.B.C.D. (asfalti, bitumi, catrami e derivati) che da qualche anno aveva iniziato una lavorazione delle rocce per estrarre oli minerali. A seguito di un processo di raffinazione, era possibile realizzare un prodotto commercialmente molto apprezzato. Inutile dire che le aspettative furono immense: l’arrivo degli americani, non più in divisa militare ma con mogli e figli al seguito, fece ubriacare di ottimismo i tanti giovani in attesa di occupazione e le iniziative commerciali si moltiplicarono.
Ragusa venne descritta dai quotidiani nazionali come il nuovo Texas e questa ventata di nuovo fece dimenticare presto le privazioni e le grandi difficoltà registrate nel periodo bellico. Venne costruita una rete di settanta chilometri di oleodotti per collegare tutti i circa cinquanta pozzi petroliferi, senza contare un considerevole numero di chilometri di strade, una centrale elettrica e un oleodotto di settantacinque chilometri per collegare il centro raccolta di Ragusa con Augusta dove il greggio veniva riversato in navi petrolifere che, per il periodo di cui stiamo parlando, erano tra le più grosse al mondo. Questo autentico “terremoto“ colse impreparato sia il mondo politico locale che le strutture sociali. In pochissimi anni, il benessere economico e la piena occupazione portarono ad un aumento vertiginoso di autoveicoli, con la conseguente esigenza di parcheggi. Contemporaneamente aumentarono le strutture ricettive ed iniziò una convulsa corsa alla seconda casa, molto spesso abusiva, che sconvolse il territorio in modo impressionante. La scoperta del petrolio e lo sviluppo dell’agricoltura (per la vicinanza alla fascia costiera dalla particolare ricchezza rappresentata dalla cultura dei primaticci in serra), permisero il passaggio da modesto centro agricolo a piccola città industriale. In pochi decenni Ragusa si trasformò. Il cambio d’abito della città e quello della sua popolazione, che dalla routine della vita agricola si adeguò al nuovo andirivieni cittadino, durò poco. Lentamente, certe illusioni svanirono come neve al sole, rimase comunque la sensazione di una cittadina piccola sì, ma certamente più vicina alle città dell’Italia peninsulare che a quelle isolane. Fu un’evoluzione storica, che ancora oggi fa sentire la sua onda lunga, anche se, purtroppo, i venti della recente crisi economica sono stati tanto forti da spazzare ricordi e sogni. Chissà, forse bisognerà aspettare un nuovo “miracolo“ per tornare a respirare quell’entusiasmo che i nostri nonni ed i nostri padri respirarono solo alcuni decenni fa.
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