Più che rivoluzione quella di Crocetta è una esibizione di pugilato, in cui il Presidente della Regione prende qualche pugno ma riesce ad assestare colpi che sono fatali per gli avversari.
Ad uscire completamente ‘suonato’ dalla serata che ha visto il rimpasto della giunta è stato il PD regionale che vede il suo novello segretario, Raciti, ridotto a livello di comparsa da colui che, fino alla sua elezione di pochi mesi fa, fu il suo sostenitore, quel Faraone, plenipotenziario di Renzi in Sicilia, che era il più agguerrito nemico di Crocetta e ora ha trovato, invece, i motivi per diventarne alleato di ferro.
Ma a ben guardare le cose, il PD è ormai uso a giravolte di ogni tipo, le faide all’interno sono cosa di ogni giorno e i rapporti di amore-odio con Crocetta creano le condizioni miglior per il caos.
‘Suonato’ esce anche il popolo siciliano che ormai non riesce a comprendere e a seguire le strategie di Crocetta che ormai cambia uomini e alleati con la volubile e capricciosa leggerezza di una star hollywoodiana, a meno di non voler affidarsi a lui, ciecamente, come il nostro Nello DiPasquale che reputa Crocetta l’unico viatico per la politica del vero cambiamento.
Ma occorre una fiducia cieca, per capirne le scelte che maturano, anche a costo di prezzi molto alti da pagare. Per il momento una vittoria assoluta, riducendo al minimo l’influenza dei partiti, confermando il peso del Megafono di fronte alla fragilità del PD, mantenendo i ‘suoi’ assessori, anche quelli più criticati per la consistenza del lavoro svolto, muovendo le pedine sulla scacchiera più con giochi di magia che con abilità, come nel caso della Sgarlata che, da candidata del Megafono, rimane in giunta in quota PD.
Ma lo spettacolo è da Festival Internazionale del Circo di Montecarlo, grandi nomi, turbinio di luci, effetti spettacolari. Non sia sa da dove cominciare per una descrizione sia pure sommaria.
Se ne vanno, o meglio sono stati messi alla porta, elementi di elevate competenze e di specchiato rigore, come Dario Caltabellotta o Ignazio Marino, scompaiono sulla scia delle nuove tendenze renziane i pezzi di CGIL come la LoBello. Andata in fumo la candidatura di Ingroia, si nutrono forti dubbi per la già esile consistenza dell’UDC, dove D’Alia riesce a imporre i suoi nomi, la confermata Valenti, che fino alla giunta per la nomina dei manager aveva voltato le spalle a Crocetta, in nome delle direttive del suo partito, e l’astro nascente catanese, l’imprenditore Torrisi (Federalberghi e SAC).
Ma le sorprese non finiscono qui: si ritrovano nomi enigmatici per la composizione di un nuovo scacchiere politico. Antonio Fiumefreddo, in quota DRS, brillante penalista catanese, in passato nominato da Raffaele Lombardo sovrintendente del teatro Bellini di Catania, è stato assessore alla Cultura nella giunta Scapagnini al Comune di Catania, con Crocetta presidente della Ast Servizi, liquidatore del consorzio Asi di Catania e componente dell’organo di vigilanza della Sac, società che gestisce l’aeroporto di Catania.
Oppure Giuseppe Bruno, avvocato palermitano, cattolico già vicino a Sergio Mattarella, assessore con Orlando, poi DS e PD, per anni vicino a Letta, ora renziano. Oppure ancora l’avv. Reale, alle ultime amministrative di Siracusa candidato sconfitto dal renziano oggi sindaco del capoluogo aretuseo.
Fibrillazioni nell’UDC, come accennato, fibrillazioni nei DRS, scontento Lino Leanza che per Articolo 4 è riuscito ad ottenere un solo assessore.
Vincitori morali vengono dati gli industriali che, dopo aver fatto la voce grossa con Montante, fino a pochi giorni prima, mantengono la Vancheris, incamerano la nomina del vicino Fiumefreddo ed eliminano lo scomodo Nicolò Marino. Stando alle aspettative degli industriali, si potrà ripartire per sciogliere i nodi cruciali della Sicilia, il popolo, ancora ‘suonato’ dallo stupore per un rimpasto ancora tutto da verificare, pensa, invece, che, se soluzioni ci saranno, resteranno retaggio di èlite isolate che con i problemi della gente hanno poco da spartire.