Piazza Venezia è stracolma di gente, turisti tanti, ma tanti italiani, di quelli che non si perderebbero questo momento per nessuna cosa al mondo, perché hanno perso un parente, un padre, in guerra, l’ultima guerra.
Il silenzio è d’obbligo, ma rende surreale questa piazza. Il presidente non ce la fa a salire le scale dell’Altare della Patria, e si ferma sulla balaustra della base, per consegnare una corona di alloro ai suoi corazzieri che la scorteranno fin su, dietro al fuoco che brucia perennemente.
Il picchetto d’onore è in prima linea, ed il tenente con la spada sguianata, urla “Onore al Presidente della Repubblica” e la banda intona subito l’inno di Mameli. Dopo qualche secondo mi scappa una lacrima di commozione, perché di questa Italia che va a pezzi quello che ci resta, quello che mi resta, è la storia di questi eroi, gli ultimi eroi, che hanno dato la vita per questo paese e per questa Italia, per questa patria.
Un’unione “civile” era stata fatta dai Savoia, ma senza sangue e senza convinzione. Nessuno mai ha creduto veramente che quella prima del 45 era una vera nazione, ma è la guerra ed il sangue dei partigiani e di tanti eroi, noti e sconosciuti, in divisa o in maniche di camicia, che con milioni di gesti singoli, hanno fatto di questo paese una nazione.
Nessuno di noi ha vissuto veramente la guerra, siamo figli di genitori che sono nati a ridosso della guerra, poco prima o poco dopo. Ma credo un po’ tutti sentiamo di vivere in un clima di dopoguerra. Non c’è dubbio che in questi giorni stiamo cercando di fare un paese nuovo, di far risorgere una nazione.
Oggi però non ci divideremo. Ogniuno la pensi come vuole, ma ritroviamoci tutti dietro un ricordo di nobili eroi della democrazia, per trarre l’energia positiva che serve a questa nazione.
Oggi siamo tutti partigiani.
Spero che questo 25 aprile assuma un significato ancora più pregnante e simbolico.