Assemblea provinciale che poteva costituire occasione di festeggiamenti per il successo nazionale del PD, per l’appoggio ai candidati eletti e per una possibile ritrovata unità del partito in provincia.
Invece nulla di tutto questo, con i dirigenti che, addirittura, valutano l’opportunità di prossime riunioni in palestre dotate di ring, dove i contendenti possano misurare le loro forze, fisiche e di voti, in maniera adeguata. Si è sfiorata la rissa fra la componente Calabrese e quella ipparina che ha abbandonato l’assemblea, in attesa di tempi migliori.
Cavilli procedurali e sospensioni hanno cercato di mimetizzare il problema di fondo, l’incapacità della segreteria provinciale di fare sintesi e concorrere all’unità del partito. Restano sul campo le tre fazioni che si confrontarono per l’elezione del segretario provinciale: la corrente ipparina, i renziani di Mario D’Asta e il nocciolo duro, che nessuno riesce ad eliminare, di Peppe Calabrese che, pur contestato e criticato, resta sempre architrave del partito.
Il segretario provinciale Denaro è stato eletto grazie all’appoggio determinante di Mario D’Asta e i conti tornavano. Ora che D’Asta si accorda con Calabrese per concedere alla minoranza congressuale la Presidenza dell’Assemblea, in chiave di una artificiale ma pur sempre ritrovata armonia nel capoluogo, per Denaro e la componente ipparina i conti non tornano più.
Solo parole gli appelli all’unità del segretario provinciale, in apertura dei lavori, solo retorica l’auspicio del superamento delle correnti interne, gli stessi buoni propositi esternati fin dalla sua elezione, che non riesce o non vuole concretizzare.
Anche la presenza del segretario organizzativo del partito è stata pura tappezzeria per una ennesima serata che non depone certo bene per un partito con responsabilità e aspirazioni di lungo periodo per governi nazionali, regionali e locali.
Il tentativo di rimandare la seduta, sostanzialmente, non è stato accettato da Mario D’Asta che pare fermo nel proposito di concretizzare gli accordi nuovi con Calabrese, cosa che non va giù alla corrente di Denaro.
Un rifiuto dei metodi democratici tanto decantati, il proseguire in una linea di contrasti, liti e beghe personali che, certo, non possono fare bene al partito e a quelli che si definiscono dirigenti, con vertici e rappresentanza parlamentare che risultano inadeguati e senza il necessario carisma per imporre una minima leadership.
Al riguardo lascia perplessi la malcelata intenzione del dirigente regionale di portare il ‘’caso Ragusa’’ su tavoli palermitani, decisione che farebbe, ancora una volta, Ragusa feudo e terra di conquista per l’incapacità di una classe politica locale sempre sottomessa a poteri esterni e non a sostegno della base del partito.