di Vincenzo Trischitta
In un’epoca in cui l’immagine è tutto, l’idea di una vita senza simboli non è assolutamente concepibile. Siamo letteralmente circondati da “loghi”, icone irrinunciabili dell’era moderna. Un segno ha ragione di esser tale quando dietro al normale significato oggettivo e superficiale cela un senso invisibile ma preponderante nella collettività. Se adesso vi mostrassi una “mela morsicata” o “un cane a sei zampe”, pochi farebbero fatica a collegarli a due notissime multinazionali. Un simbolo può essere creato inconsciamente o razionalmente, a differenza del significato simbolico che molte volte è dato dalla casualità più che dall’intenzionalità. Esempio eclatante è il “Charging Bull”, il famoso toro all’attacco ubicato a Wall Street a New York sin dal tardo dicembre 1989. Riconosciuto oramai come simbolo della “borsa” cittadina e di tutta l’economia statunitense, è stato posizionato in quel luogo dall’artista Vittoriese, Arturo Di Modica, all’insaputa dell’amministrazione (4.000 kg, 4 mt di altezza) “solo” per pubblicizzare la sua arte. Anche gli obelischi egiziani, creati per simboleggiare gli Dei ed utilizzati in epoca imperiale, a Roma sono stati utilizzati poi dal Papa Sisto V come dimostrazione della sua potenza e del suo papato con lo scopo di dare un assetto urbano moderno. Potremmo citarne migliaia di casi cosi, come la Torre Eiffel, la Statua della libertà, il Cavallo di Troia, e trovare sempre la stessa finalità: la necessità umana di dare voce in maniera semplice, alla propria immaginazione, ai segreti dell’inconscio, al bisogno di identificare ed esprimere il proprio essere in maniera indiretta ma chiara. Non solo gli artefatti umani hanno la capacità di suscitare emozioni e sentimenti comuni.
Esistono immagini e uomini che, nonostante la loro origine e la storia che li ha resi famosi si siano persi tra le nebbie del tempo, riescono ad evocare in maniera chiara ed inequivocabile tutta la nobiltà della virtù umana. La Storia ci ha insegnato che i simboli, umani e non, utilizzati soprattutto quando ancora non esisteva la comunicazione globale, possono essere pericolosi o veicoli di idee rivoluzionarie che hanno cambiato il corso degli eventi. “Il simbolo può, in un certo senso rendere visibile anche il divino…” affermava F. Creuzer; e ancora “Il simbolismo trasforma il fenomeno in idea, l’idea in immagine, e ciò in modo che l’idea rimane nell’immagine sempre infinitamente attiva e irraggiungibile, e anche se espressa in tutte le lingue, rimarrebbe inesprimibile”, spiegava W. Goethe. Due grandi definizioni di simbolismo che, a mio avviso rispecchiano la visione moderna della vita, della sua rappresentazione e di quel desiderio inconscio dell’umanità di sconfiggere la morte.
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