Forchette che diventano mani. Un oggetto di uso comune, attrezzo quasi indispensabile nella nostra vita quotidiana, diventa opera d’arte grazie al genio di Bruno Munari. Artista scomparso nel 1998, ha dedicato la sua vita all’arte e al design. Nel realizzare l’opera “Forchette parlanti”, egli ha sovvertito la funzione originale di una serie di forchette rendendole in questo modo oggetto d’esposizione. Oggi e fino al 7 settembre le potrete ammirare al Museo del Novecento di Milano, nell’ambito della mostra “Munari politecnico” dedicata allo sperimentatore milanese. L’artista ha immaginato le forchette come tante mani, che così come quelle reali possono assumere diverse posizioni e coprire una vasta gamma di espressioni. E così troverete la forchetta che saluta, quella che fa gestacci, quella che sembra tenere una sigaretta tra le “dita” e quella che fa l’ok avvicinando un ideale pollice ad un indice anch’esso immaginario. In tutti i casi, dall’osservazione dell’opera scaturiscono diversi spunti di riflessione sulla banalità degli oggetti di uso quotidiano e sul capovolgimento dei punti di vista: chi potrebbe mai immaginare una forchetta che, quasi come una persona reale, muove le dita come a voler chiedere il permesso di fare qualcosa o sporge un pollice inesistente all’infuori per fare l’autostop? Una fantasia degna dei bambini più vivaci e spensierati, riversata su quello che potrebbe essere il simbolo della tradizione culinaria italiana ed europea in generale. Un’opera che ad un occhio superficiale potrebbe apparire poco rilevante, ma che si rivela carica di significato e valore intrinseco, così come tutte le creazioni dell’artista. Da “Macchine inutili” a “Libri illegibili”, Munari è stato spesso interrogato sul senso delle sue produzioni. In tutti i casi, egli ha risposto: “Una spiegazione molto esauriente annullerebbe la funzione dell’oggetto creato invece per stimolare la fantasia”.