Il momento di grande protagonismo restituito al Partito Democratico dai successi di Renzi, che ha saputo capitalizzare un consenso sempre crescente, ha messo in disparte correnti e minoranze che, almeno per il momento, non costituiscono ostacolo al percorso del nuovo leader democratico.
Metodi ed epurazioni di puro stampo dittatoriale non solo non hanno scalfito l’immagine del leader ma ne hanno accresciuto il consenso per il decisionismo che si ritiene indispensabile, in questo particolare momento storico.
Il PD di Ragusa non risente di questo nuovo corso della politica del partito e rimane, invece, impantanato nelle sabbie mobili di uno scontro interno che non fa intravedere soluzioni di sorta. In un partito in cui tutti sono diventati renziani, tra le cui fila ci dovrebbero essere, stando alle voci, anche ingressi eccellenti ancorché, sicuramente, poco graditi da larghe fasce della base, non si riesce a trovare il bandolo della matassa, non si vogliono consacrare i veri vincitori delle ultime europee, non si vuole riconoscere da che parte sono arrivati i consensi come non si vuole parlare di chi il consenso lo va perdendo giorno dopo giorno.
Da più parti ci si ostina a sciorinare dati e percentuali sugli ultimi risultati elettorali, con i metodi classici della vecchia politica si sfornano interpretazioni di comodo su chi ha portato i voti, si parla di successo epocale, ma, al momento di determinare gli organi direttivi del partito, si disconosce la realtà.
Nei comunicati si fa sfoggio di eloquio e di terminologia ‘’politichese’’, ma non si spiega alla gente come stanno le cose: l’attuale segreteria deve la sua elezione al sostegno del versante ipparino, Vittoria e Comiso, con l’appoggio determinante dell’ago della bilancia Mario D’Asta che ha convogliato su Denaro i voti dei renziani. Per l’elezione del Presidente provinciale, D’Asta aggiusta il tiro e ritiene di non diventare ostaggio totale di vittoriesi e comisani, optando per una apertura a Calabrese, ‘’signore delle tessere’’ come viene chiamato a Comiso, che era stato messo in minoranza. E qui il versante ipparino non è d’accordo, per questo spunto di orgoglio della centralità ragusana.
Bocce ferme, quindi, fase di stallo nel partito, che perpetua l’immobilismo della vecchia dirigenza, incapace, come sempre, di riconoscere numeri e percentuali, dedita solo a studiare ogni sotterfugio per mistificare la realtà delle cose, anche in fase elettorale.
In questi giorni circola un comunicato di Gigi Bellassai, componente dell’assemblea nazionale e della direzione regionale, che, per la corrente ipparina, cerca di sfruttare il suo aplomb che lo distingue dalle cariatidi del PD occidentale del ragusano, il volto giovane, moderno, ambientalista, innovatore che vorrebbe svegliare il partito in termini di rinnovata supremazia ma si ostina a difendere le correnti di appartenenza con malcelata parzialità. Se, infatti, Bellassai, esalta il successo delle europee, che dovrebbe essere causa scatenante di riscatto per tutte le componenti provinciali, non parla dell’insuccesso di Vittoria, dove il Pd è stato superato dai cinque stelle, non parla del risicato risultato della sua città, Comiso, che si presentava forte di un Sindaco, di una maggioranza di sinistra, di un deputato regionale, dell’ex segretario provinciale, dove c’è un sostanziale pareggio con 5 stelle e Forza Italia.
Lo spauracchio Calabrese è concentrato nell’articolato linguaggio, in cui Bellassai è maestro competente, che parla di manovre bizantine, di strategie pseudo unitarie incomprensibili, poco credibili e opportunistiche.
Non parla del successo del PD di Ragusa, della percentuale, della presenza di concorrenti di peso, la Giuffrida di Articolo 4, la Stancheris, Zambuto, che, comunque, hanno assorbito consensi non riuscendo, però, ad intaccare il bacino di voti che Calabrese detiene come nocciolo duro del partito, in barba a tutte le maggioranze artificiali che si costruiscono per arginare la sua mal sopportata supremazia che, per inciso, non è solo ragusana ma investe altri grossi comuni della ex provincia.
In questo scenario di ricercato immobilismo, sembra che si aspetti la fata turchina per sbloccare la situazione, parlando contro le tessere da un pulpito dove con l’8% della popolazione si arriva al 20% delle tessere provinciali. Ragusa deve far fronte comune contro chi ritiene di poter afferrare tutto il braccio invece della sola mano, non si dovranno ripetere in futuro le sottomissioni come quelle che ci hanno reso, per anni, schiavi del versante modicano e ispicese.
Naturalmente il superamento di divisioni e contrasti deve e può avvenire solo a condizione che si ritrovi unitarietà nella città di Ragusa, dove i padri nobili del partito sono obbligati ad assumerne le redini anche per governare ingressi e cooptazioni che devono servire per attrarre nuovi consensi e non per concederne.
Se non si ritrova questa unità e non si vorranno riconoscere le qualità politiche incontestabili che ci sono nei vari circoli, sarà inutile battere colpi perché nessuno sarà disponibile ad ascoltare.